Politica e governo, una novità da non sprecare
Come c’era da aspettarsi la novità dell’arrivo di Giorgia Meloni al governo del Paese ha suscitato sentimenti particolarmente forti e naturalmente non sempre di simpatia soprattutto a causa della sua storia politica. E tuttavia è anche vero che quella medesima novità ha comunque destato una diffusa e insolita attesa anche tra coloro che il giorno delle elezioni non avevano certo votato per la coalizione del nuovo presidente del Consiglio. Una stanca Italia sessista e popolata di vecchi, abituata da decenni ai soliti noti, a vedere seduta là, al centro del banco del governo, quella figura minuta dai capelli biondi, è stata percorsa da un brivido d’emozione nel ritrovarsi governata da una giovane donna, per giunta madre di una bella bambina, moderna e spigliata quanto basta per avere un compagno anziché un marito, non troppo intimidita dall’inamidata supponenza di tutti i poteri antichi peraltro prontissimi a salire come al solito sul carro del vincitore.
Oggi l’Italia aspetta incuriosita, in complesso con simpatia, di vedere all’opera Giorgia Meloni una volta che il suo governo si è gettato alle spalle queste prime settimane occupate dalla finanziaria: un episodio alquanto goffo e pasticciato sul quale però la gente sembra ormai benevolmente disposta a sorvolare, a credere che più che dell’annuncio del futuro si sia trattato dell’epilogo necessario di un passato da archiviare. Che però le cose stiano realmente così adesso sta al presidente del Consiglio dimostrarlo.
Innanzi tutto avendo il coraggio di cambiare. Gli Italiani hanno un grande desiderio di una leadership forte e determinata, e anche per questo hanno votato Giorgia Meloni.
La vittoria di Fratelli d’Italia è stata in grandissima parte la sua
vittoria, la vittoria della sua volontà, del suo carattere, della sua
grinta. Ma proprio ciò le offre possibilità che oggi deve saper
cogliere: avendo innanzi tutto il coraggio di cambiare, come ho appena
detto. Di dimenticare cioè molte delle dubbie verità credute per anni, di abbandonare le avversioni e le simpatie nutrite in passato. Non si tratta di ritrattare nulla: è, più semplicemente, che l’esercizio del potere obbliga a considerare le cose diversamente rispetto a quando se n’era lontani.
A vederle in maniera più cruda e più vera. In una democrazia costringe a
sentirsi non più il capo di una parte ma di tutto un Paese, obbliga a
un senso della realtà che in precedenza poteva pure non apparire così
importante. Tutte cose che del resto il presidente del Consiglio ha già
dimostrato di capire e di saper fare. Certo, la prima accusa che si
muove a chi governa è sempre quella di non essere coerente con il
proprio passato, ma è un’accusa che mostra la corda: specie se si
proviene da territori politici estremi il potere per sua natura
costringe a cambiare. Sono convinto che il prestigio e la credibilità
del presidente del Consiglio ne guadagnerebbero moltissimo, e la sua
popolarità pure, se anziché restare ostaggio del proprio passato ella
avrà il coraggio di dirlo alto e forte, di rivendicare il diritto a
cambiare e di spiegarlo al Paese. Sarebbe tra l’altro una sorprendente e
utilissima lezione di politica impartita alla demagogia
dell’antipolitica.
Potrebbe essere altresì il primo capitolo di quel discorso di verità di cui abbiamo bisogno, di cui l’Italia ha bisogno.
Nell’ambito demografico, dell’istruzione, del Welfare,
dell’integrazione degli immigrati, del perenne abisso tra il Nord e il
Sud della Penisola, del fisco e della finanza pubblica, abbiamo un
bisogno assoluto di fare scelte vitali per il nostro futuro. Scelte che
inevitabilmente comportano prezzi anche molto alti da pagare e proprio
perciò finora sempre rimandate. Che tuttavia possono essere affrontate
solo se, per l’appunto, il Paese è messo di fronte alle sue reali,
difficili condizioni da un grande discorso di verità ma insieme di
speranza. Che esso in qualche modo si aspetta.
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