Il popolo di Benedetto XVI: tre ore in fila per l’addio al Papa emerito
Molti, pur essendo dentro, rinunciano, come i ragazzi di Reggio Emilia. Si fotografano, scherzano, fanno piani per la giornata, per la sera. Dimenticano l’occasione, ma forse è l’occasione stessa a eludere la solennità. Non siamo inglesi, e non sono inglesi neanche i turisti stranieri quando mettono piede a Roma, nemmeno quelli inglesi. Stare in coda è già abbastanza complicato per noi, rimanere in silenzio per ore e composti è addirittura contro natura.
Non c’è cerimonia, da noi, che non preveda accanto al cordoglio il pane, il vino, le danze. Senza che questo ne sminuisca l’importanza, o tantomeno svaluti il dolore. Nessuno balla oggi in piazza San Pietro, ma se qualcuno lo facesse non sembrerebbe così strano. In questo modo, grazie alla nostra endemica, genetica, mancanza di rigore siamo riusciti ad accogliere e addirittura amare questo Papa scontroso, distante, tedesco. Per quanto ci si affanni a ripulirla, la sacralità cattolica è sensuale, rumorosa e fa posto a chiunque. Ci riconosciamo nelle processioni più che nelle clausure, e quando qualcuno muore noi andiamo, partecipiamo, facciamo anche festa. Un rosario un euro, dieci euro dodici rosari, grida un venditore alle mie spalle. Si vendono immagini le più strampalate, un’iconografia baraccona e impudente. Le guide turistiche litigano tra di loro, i volontari che presidiano le balaustre imprecano contro chi sfodera tesserini da giornalista per saltare la fila.
Solo dopo un po’ di tempo mi accorgo che nessuna, ma propria nessuna delle persone in fila sta guardando il telefono. Quel gesto del quale non possiamo più fare a meno, soprattutto mentre intorno non accade niente, sembra bandito da questa piazza. Tutti si guardano intorno, si parlano, tengono le mani in tasca. Può darsi che sia una forma di rispetto, ma tendo a credere che sia piuttosto un sentimento. E forse è proprio questo sentimento la ragione per cui le persone sono qui, in fila, da ore: l’appartenenza. Occupare un piccolo spazio dentro uno spazio più grande. Essere un granello, sì, ma di una spiaggia. Non una cosa inutile sbatacchiata dal vento. Forse per questo nessuno guarda il telefono: perché nessuno si sente solo.
LA STAMPA
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