Ricostruzione, Aifa, Tesoro: lo spoils system del governo
Antonio Bravetti Luca Monticelli
Dopo Giovanni Legnini, Nicola Magrini. Il governo Meloni applica lo spoils system: lunedì ha rimosso il commissario per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto, sostituito con Guido Castelli. Ieri è toccato al direttore generale dell’Aifa, in carica dal marzo 2020, in piena pandemia. Insorge il Pd, che non gradisce la rimozione di Magrini: «Una scelta di discontinuità grave e sbagliata – dice Enrico Letta – un segnale pericoloso e preoccupante». E non è finita qui. Nel mirino dell’esecutivo di centrodestra ci sono ora altri ruoli apicali, a partire da Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro. Sono in bilico Biagio Mazzotta, ragioniere generale dello Stato, ed Ernesto Maria Ruffini, numero uno dell’Agenzia delle entrate, che però nelle ultime ore vede salire le possibilità di restare al suo posto.
Il 24 gennaio scadono i 90 giorni dello spoils system, che assegna al vincitore delle elezioni il diritto di nominare funzionari di propria fiducia a capo degli uffici dell’amministrazione pubblica. Si tratta solo dell’antipasto, il menu prevede – dalla primavera in poi – il rinnovo dei cda di molte società pubbliche.
Ieri il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco ha ricevuto una lettera dal ministro della Salute Orazio Schillaci: mandato concluso, Magrini proseguirà nel suo attuale incarico per la gestione ordinaria fino al 23 gennaio. Per sostituirlo il ministero punterebbe a una soluzione “interna” all’Aifa, come il presidente Giorgio Palù. Circola anche il nome di Patrizia Popoli, presidente della commissione tecnico-scientifica di Aifa e direttrice del Centro nazionale ricerca e valutazione dei farmaci dell’Iss. Non è escluso l’arrivo di un super tecnico, un docente universitario specializzato in Farmacologia.
Intanto, non si placano le polemiche per la rimozione di Legnini, il centrodestra però tiene il punto: «Il Pd ha la faccia di bronzo», sostiene il capogruppo di FdI a Montecitorio Tommaso Foti, mentre Giorgio Mulè, vice presidente della Camera in quota Forza Italia, attacca: «Il governo ha il dovere di scegliere persone capaci nei ruoli più diversi. Lo avesse fatto anche la sinistra non avremmo da avvicendare personalità scelte molto spesso solo con il criterio dell’appartenenza politica e non in base al merito».
Tra gli incarichi in ballo, quello del direttore generale del Tesoro è un ruolo fondamentale. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti finora ha difeso Alessandro Rivera, ma le spinte che arrivano da Fratelli d’Italia e da Palazzo Chigi per cambiarlo sono fortissime. Non solo la premier Giorgia Meloni gli imputa di aver gestito male la vicenda del Monte dei Paschi di Siena – «pessima» è l’aggettivo usato dalla presidente del Consiglio alla conferenza stampa di fine anno – ma Rivera è stato accusato dalla maggioranza pure per i ritardi sulla manovra. In prima fila per la successione c’è Antonino Turicchi, ora alla presidenza di Ita. Un altro funzionario apicale che rischia di pagare per le polemiche sulla legge di bilancio è Biagio Mazzotta, il ragioniere generale dello Stato. Quando la manovra tornò in commissione per correggere i 44 errori segnalati dalla Ragioneria, Foti di Fratelli d’Italia intervenne in aula attaccando i vertici del Mef: «Prenderemo provvedimenti».
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