I nostri figli guerrieri del clima e la destra che vuol prenderli a cinghiate

Concita De Gregorio

Interessante, questo ritorno alla cinghia, io t’ho fatto io ti disfo. Questo ghigno educativo sadico ma giusto, necessario a prevenire le devianze: metti che poi un figlio ti diventa omosessuale, se non lo correggi in tempo, se non t’accorgi subito del vizio e non lo chiudi in casa a pane e acqua, è finita la pacchia. Metti che poi si droga, che fuma, che tira di coca: tutte mollezze gravissime che gli adulti probi, i maschi virili e le femmine operose, non si sognano neppure presi come sono dal rispetto stringente delle regole, prego si accomodi era lei prima in fila, anche lei qui a pagare le tasse? Si figuri, mi scusi, non c’è di che.

Metti che gli venga un giorno in mente di non vaccinarsi quando c’è l’obbligo di farlo, a tutela della salute pubblica e della propria, e invece di diventare sindaco di Roma o ministro del partito di maggioranza relativa finisce che ti sbanda nei territori incerti degli scettici della scienza, privo della necessaria umiliazione educativa, e non c’è nemmeno un Sanremo per redimersi – quello capita una volta su un milione, si sa, e bisogna sapere almeno un pochettino intonare.

No ma magari è salvifico, questo ritorno all’era in cui di Maria Montessori non si poteva prevedere la futura esistenza: quanti danni ha fatto, benedetta donna. Generazioni di genitori a quattro zampe a rimettere a posto la cameretta del piccolo che deve liberare la sua energia, a fare il verso della balena, come fa la balena?, a mangiare pappette schifose facendo l’aeroplano col cucchiaio pur di fargliene ingoiare un pochettino, dai su non sputare, ti prego, non mi sputare in faccia. Succubi, finti amici, adulti col bomber che vanno a comprare i filtrini se i ragazzi non hanno voglia di uscire, poveri cari, sono così stanchi, sono un po’ giù, vado io dal tabaccaio, che altro vorresti? Non ti va di cenare? Ti prendo un Mc? Tu resta pure lì a giocare a Fortnite, non ti affaticare.

C’è davvero il caso che questa epica didattica primonovecentesca salvinian-meloniana arrivi opportuna a chiudere la stagione tragica della dittatura dei figli, che poi Enea sulle spalle portava il padre Anchise mica la creatura, no? Quella per mano a trottare. C’è uno storico, una tradizione: da quando in qua i bambini vanno portati a cavalluccio fino a sedici anni e i genitori lasciati all’ospizio, dove si è mai visto. Quindi bene. Un po’ di sana severità, un po’ di galera se ti assembri, due schiaffi se rispondi male alla maestra, un processo per direttissima se ti azzardi a fare un’azione dimostrativa ai danni dell’istituzione a cui si deve portare rispetto, perbacco. Occhi bassi.

Poi hai voglia a dire che l’opposizione ora di governo è cresciuta nelle piazze e nel dissenso, a rivendicare come fa Giorgia Meloni la rivincita, il riscatto sugli anni in cui ci si menava e ci si ammazzava parecchio ma che c’entra: erano altri tempi, quelli, erano gli Anni Settanta c’erano le passioni, gli ideali. C’erano le rivoluzioni a bassa intensità e gli agguati ad altissima, mica come ora che al massimo ti spari un selfie solidale – se vuoi proprio parteggiare, se quel giorno ti va – e ti posti su Instagram mentre ti spunti i capelli. Non rischiano niente, questi ragazzi, tranne la nostra esasperazione di manutentori perpetui: e perbacco. Di errori ne abbiamo fatti tanti, è ora di finirla.

Ci sarebbe tuttavia la piccola questione dell’esempio, perché c’è un fastidioso filone di pensiero che sostiene che i nuovi venuti al mondo si adeguino rapidamente a ciò che li circonda – si chiama spirito di adattamento, dicono. Pare che i neonati non nascano con un’indole collettiva data come patrimonio genetico generazionale, che non siano già di natura tutti quanti e tutti insieme i bamboccioni che si riveleranno a vent’anni ma che invece si adeguino ai modelli e agli stili di vita che, pensa te, crescendo, vedono tutto intorno e velocemente imparano. Tipo che se le femmine operose adulte si fotografano in mutande per fare soldi anche le cucciole di femmina imiteranno presto la posa, davanti allo specchio, e vorranno a nove anni il kit col rossetto glitterato e griffato per Natale: non il dolce forno come una volta, che stranezza, e nemmeno il cerchio da far correre per strada come quello nelle foto della nonna e del resto meno male, le macchine li metterebbero sotto, per strada. Già i monopattini elettrici sono un pensiero.

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