Ecco la Quarta guerra mondiale: l’Ucraina è la prima linea europea

La guerra iniziata in Ucraina con la brutale, e disastrosa, aggressione russa è uno scontro classico di imperialismi. Qualcuno, appena uscito con qualche lacrima furtiva dalla “Belle epoque”’, ammette che gli imperi esistono ancora. Omettendo, per pudore, un diabolico “ismo”. Gli imperialismi esistono eccome. Russia, Cina, Stati Uniti, come in modo scolastico constatò Lenin (confessò che l’aveva scritto in fretta quel saggio perché aveva bisogno di denaro nell’esilio svizzero) ricorrono alla guerra come conclusione obbligata delle loro evoluzioni economiche. Il rivoluzionario russo esulterebbe nel verificare che, anche cento anni dopo, la guerra è la conseguenza del crescere della oligarchia finanziaria e di categorie parassitarie, che siano gli oligarchi di Stato putiniani o i capital-comunisti cinesi o i plutocrati del libero mercato occidentale.

La guerra è il consumarsi sanguinoso della crisi della globalizzazione, il progetto di un sistema economico mondiale, a parole, inclusivo, in cui tutti, o quasi tutti, dovevano diventare soci o complici. Il tempo in cui economisti sentenziavano: «Due paesi che esibiscono i loghi di McDonald’s non possono farsi la guerra». E infatti c’era allora un posto a tavola anche per Putin e i signori di Tiananmen. Prevaleva, non dimentichiamolo, una grande svogliatezza per le ideologie della libertà. Non ci si assillava certo sulla questione prioritaria di dittature ora definite mostruose. Si pontificava di una civiltà orizzontale, diffusa, decentrata, di densità omogenea. Incantevole. Ma non ha funzionato.

Altro che spengleriana crisi dell’Occidente! Semplicemente alcuni soci di questa globalizzazione “aperta’’ ne hanno approfittato, per riarmarsi come la Russia o per passare dall’economia volontaristica degli altoforni alimentati con le padelle a prima potenza economica mondiale come la Cina. Hanno chiesto ad alta voce e in modo prepotente il riconoscimento dei nuovi equilibri.

I custodi del tempio del libero mercato intanto si coprivano di debiti e contemplavano il panorama tetro delle loro economie. All’imperialismo dei vecchi soci di affari era il momento di opporre quindi l’imperialismo della virtù, le etichette di impero del Male. Niente di originale per Biden. Nel 1917 un altro presidente democratico, Wilson, portò gli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale, mischia sanguinosa di voraci imperialisti, dichiarando che agiva «per assicurare la democrazia sulla terra». L’essere missionari purtroppo torna di moda.

È già pronta la nuova globalizzazione bellica, quella che viene definita “friendshoring”. La si farà con i Paesi su cui gli americani possono contare, quelli che accetteranno, riconoscenti e obbedienti, i cantucci e lo spartito della integrazione economica senza alzare pretese geopolitiche. Si esigono di nuovo omologazioni, ratifiche, consacrazioni che fino a ieri si praticavano con indulgenza, a manica larga. La tessera di ingresso sarà il premio, innanzitutto, per l’eroico Volodymyr Zelensky. Lo ha ben meritato.

LA STAMPA

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