“Donna, vita, libertà”: 300.000 firme per il popolo iraniano
Lo ripeto sempre: un fondo non salva il mondo. E dunque le poche righe che state leggendo non cambieranno di una virgola il Grande Libro della Storia. Ma ci portiamo nel cuore le paure e le speranze di centinaia di migliaia di ragazze iraniane che ormai da quasi quattro mesi scendono in piazza ogni giorno, rischiando e perdendo la loro vita, per protestare contro una teocrazia ottusa, opprimente, feroce. Hanno cominciato il 16 settembre, il giorno in cui Mahsa Amini, 22 anni appena compiuti, fu uccisa di botte dalla “Polizia Morale” perché non portava il velo in modo corretto.
Da allora non si sono più fermate. Ogni mattina escono dalle loro case, organizzano cortei nelle strade, manifestano nelle università. Vengono pestate a sangue dai paramilitari, vengono arrestate, vengono giustiziate. Ma vanno avanti.
Ormai in Iran la lotta delle donne è diventata la battaglia di un intero popolo, soggiogato da un khomeinismo oscurantista, umiliato da una Sharia intollerante, represso da una Guardia Islamica brutale. Siamo già arrivati a quasi 600 vittime innocenti, di cui più di 60 bambini. La rivolta dilaga ovunque e finalmente anche in Occidente qualcosa si muove.
Era ora. Da parte nostra, abbiamo fatto l’unica cosa che ci sembrava possibile, al di là del racconto degli orrori commessi dal regime contro i suoi figli. Abbiamo lanciato una raccolta di firme, all’inizio per chiedere al governo iraniano la sospensione della pena capitale e la liberazione di Fahimeh, giovane insegnante e madre di tre figli, anche lei condannata a morte “per aver fermato il traffico”.
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