Elezioni nel Lazio, il Pd si azzuffa. Alessio D’Amato affonda

Chiediamo anche se la conflittualità interna al Pd nel percorso congressuale influisca sulla corsa. «Non credo – osserva Benini – Di sicuro, però, non aiuta avere un Pd al minimo storico». L’incidente dell’alleanza rifiutata non rileva granché anche secondo Antonio Noto, di Noto Sondaggi. «D’Amato deve rimontare – osserva – ma non dovrà rimontare di più per quanto accaduto. Anzi, forse può esserci anche una ragione strategica in quella proposta». E cioè «lanciare un messaggio a quell’elettorato di centrosinistra che guarda con simpatia al Movimento 5 stelle di questo tenore: “non sono io a non voler fare un accordo con loro, ma sono loro a non voler un’intesa con me”. Potrebbe esser stata una scelta sottile». La pensa in modo diverso, invece, Carlo Buttaroni di Tecnè. «Sicuramente D’Amato non è stato favorito da questa mossa». Peraltro, c’è anche un tema meramente politico, ossia: «Le alleanze non sono una somma algebrica: compiere un’operazione del genere a poche settimane dal voto e a ridosso della presentazione delle liste non semplifica l’offerta politica. Se Donatella Bianchi avesse aderito a quell’appello, la somma non avrebbe corrisposto al risultato dell’urna, perché ci sono dei pezzi inconciliabili tra loro. È necessario compiere dei percorsi sin dall’inizio, cercare delle scorciatoie non è mai salutare». A questo proposito, dunque, «in Lombardia c’è un discorso diverso, perché lì il cammino congiunto (tra Pd e Movimento 5 Stelle ndr) è iniziato prima». Domandiamo, poi, se la conflittualità interna al Pd possa peggiorare l’appeal elettorale di D’Amato. «Credo peggiori soprattutto il Pd – spiega Buttaroni – e dunque il suo peso nella coalizione. Non D’Amato direttamente».

IL TEMPO
 

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