Maurizio Landini: “Contratti per tutti e salari detassati, così si può battere la super inflazione”

Marco Zatterin

«Non patti, ma soluzioni», attacca subito Maurizio Landini, palesemente desideroso di spazzar via la nebbia delle parole che ha avvolto il cantiere della lotta alla super inflazione e la sfida alla recessione. «Chiediamo almeno cinque punti di taglio cuneo contributivo a cui aggiungere il recupero del fiscal drag», spiega il segretario della Cgil. Per noi, argomenta, «questo equivale a recuperare almeno una mensilità media all’anno, che può essere ampliata con un rinnovo dei contratti nazionali che non si fermi all’inflazione Ipca, ovvero l’indice dei prezzi al consumo armonizzato». Non c’è tempo da perdere, avverte, la povertà sta erodendo anche il ceto medio e le tensioni sociali crescono. «Bisogna fare in fretta – dice – milioni di lavoratori attendono».

Segretario, i prezzi sono alle stelle, l’economia è in rosso. La destra discute di presidenzialismo, rave e migranti, mentre la manovra parla poco di lavoro. Tutto bene?
«No, per nulla. Si conferma il giudizio negativo sulla legge di bilancio. Il governo ha perso l’occasione per cominciare ad affrontare seriamente il tema del lavoro».

Cosa sarebbe stato giusto fare?
«Un intervento forte che alleggerisse il carico fiscale sul lavoro dipendente e sulle pensioni, e allo stesso tempo introducesse un sistema automatico di recupero del drenaggio fiscale, il fiscal drag. Era, ed è, opportuna una riduzione di cinque punti del cuneo per i dipendenti. Bisogna rendere stabili i troppi precari, dalla Sanità alla scuola e ai servizi, e creare nuova occupazione con assunzioni a tempo indeterminato. Poi si deve pensare al rinnovo dei contratti nazionali di lavoro, anche nella prospettiva di una legge sulla rappresentanza che dia pieno valore agli accordi nazionali e chiudere alla logica del massimo ribasso in appalti, subappalti e finte cooperative. Queste sono le urgenze. Ma la legge di Bilancio va in una direzione diversa».

Quale?
«Aumenta le diseguaglianze, anche cancellando il reddito di cittadinanza. La Flat tax per i redditi oltre i 65 mila euro è un esempio di politica errata e divisiva. Non è questa la strada buona».

Agire sul drenaggio fiscale, sull’inflazione che gonfia il gettito e riduce gli stipendi. Come?
«La restituzione del fiscal drag va resa possibile indicizzando la detrazione all’inflazione. Serve perché gli aumenti siano reali. Va programmata nell’ambito di una riforma fiscale complessiva e progressiva che tagli anche il cuneo ai dipendenti, e porti a rinnovi contrattuali che aumentino il valore reale dei salari».

Si può fare subito?
«Certamente. Ancor meglio se si allarga la base imponibile e si avvia una lotta senza quartiere all’evasione fiscale, altro che tregue fiscali che mascherano condoni. I dati dimostrano che i contributi e le entrate fiscali sono aumentati. Vuol dire che la tassazione sale senza che le retribuzioni nette seguano. È una contraddizione che va corretta».

Cosa manca al governo?
«Un’idea di sviluppo per un futuro nuovo del Paese. Quelli del governo non sono solo strumenti di distrazione di massa rispetto ai problemi reali. Dietro alle deboli strategie si celano anche idee sbagliate».

Un esempio?
«Quando si insiste sull’autonomia differenziata che spacca il Paese. O quando si lascia fare al mercato – penso alle politiche energetiche. Si crede in un modello di sviluppo costruito sulla logica delle piccole patrie e non su riforme di sistema e politiche di sviluppo industriali che affrontino l’esigenza di far crescere il Paese. E non si introduce un piano di occupazione per i giovani. A partire dal pubblico, quello che sta succedendo in sanità non è più accettabile».

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