Maurizio Landini: “Contratti per tutti e salari detassati, così si può battere la super inflazione”

Lei vuol partire dal fisco. E poi?
«Contrastare la precarietà, che è la ragione principale dei bassi salari, dai part time involontari alle partite Iva. Il ritorno ai voucher che mercifica il lavoro e aumenta lo sfruttamento, è sbagliato come l’estensione dei contratti a termine. Si allarga l’insicurezza e si non affronta il problema dei salari, i più bassi in Europa. Le politiche di incentivazione alle imprese devono essere selettive, non a pioggia. Vanno indirizzate a chi mantiene le produzioni nel Paese e tutela il lavoro. A chi accetta nuovi modelli di sviluppo e di organizzazione del lavoro».

Come si arriva nel mondo nuovo?
«In molti modi, ma certo con la riapertura della discussione sul tempo di lavoro con la settimana corta di quattro giorni: chi lo ha fatto ha avuto risultati anche in termini di produttività. In parallelo, si deve sancire il diritto alla formazione permanente dentro l’orario».

Con questa crisi le sembra il momento di tagliare l’orario?
«La qualità del lavoro impone il tema di una ridefinizione degli orari che non vuol dire ridurre l’attività degli impianti. Far crescere la produttività significa dar vita ad un diverso funzionamento delle imprese, investendo su lavoro e innovazione».

Si sente invocare il patto Ciampi del luglio 1993 per il lavoro. Che ne pensa?
«Quell’intesa nacque per entrare in Europa. Oggi bisogna cambiare le politiche economiche in Italia e non solo. Per questo non servono generici patti, bensì soluzioni. Immediate. Abbiamo un doppio problema. Il primo è che la legge di bilancio non ha mostrato la volontà ripartire con un vero coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Abbiamo avanzato richieste precise che non hanno ottenuto risposta. Chiediamo al governo di discutere sulle nostre piattaforme per agire su fisco, pensioni, superamento della precarietà, investimenti su sanità e scuola pubblica».

Il secondo problema?
«Che non si vanno a prendere i soldi dove sono. È inaccettabile che non si intervenga più nettamente sugli extraprofitti. Noi avevamo proposto un contributo straordinario di solidarietà per aumentare lavoro e investimenti. Invece, lo scorso anno è aumentata la ricchezza detenuta da pochi. La manovra del governo indebolisce anche la classe media e il suo potere di acquisto. Con questo sfondo, più che patti generali servirebbero accordi mirati che rispondano ai bisogni delle persone e diano un senso al ruolo della politica e delle organizzazioni che rappresentano i lavoratori. Servono riforme, non autonomia differenziata. Dobbiamo unire il Paese e non dividerlo. Dobbiamo fare sistema».

Il governo risponde annullando il Reddito di cittadinanza.
«Con l’aria che tira, e i poveri che aumentano, il reddito di cittadinanza va migliorato non cancellato».

Come si arriva al salario minimo?
«È una evoluzione legata alla riforma della legge di rappresentanza. Ci sono delle norme europee da recepire, in fretta perché siamo in ritardo. Già adesso si devono introdurre gli strumenti che diano un valore e validità generale ai contratti nazionali di lavoro. Vanno cancellate le intese pirata per arrivare a una misurazione di chi fa i contratti nazionali. In tale cornice, si devono inserire i minimi salariali che valgono per tutti, con annessi i diritti di base, dalle ferie alla malattia. I contratti devono valere per tutti, autonomi compresi. Deve finire la competizione fra chi lavora per vivere».

Contratti per tutti e minimi pure, dunque?
«Dobbiamo giungere a un punto in cui non esiste una forma di lavoro priva dei diritti e delle tutele previsti dai contratti nazionale. Deve valere ogni forma di lavoro. Tutti i diritti devono essere sono garantiti. In questo schema deve esserci anche il salario minimo».

Quale soglia?
«Non è questione di numeri. L’obiettivo è che il trattamento economico complessivo previsto dai contratti nazionali diventi il limite sotto il quale nessuno può andare».

La ministra Calderone ha convocato due tavoli, su sicurezza (12 gennaio) e pensioni (19). Con che spirito ci andate?
«Il governo deve passare dalle parole ai fatti. Sui due temi ci sono piattaforme unitarie, giudicheremo i risultati sulla base di quello che ci diranno e sulla volontà di trattare davvero. Inutile avviare tavoli megagalattici in cui si rischia un confronto sterile. Serve la ricerca di accordi e non solo dibattito. Nella legge del bilancio il più penalizzato è il mondo del lavoro. Per questo con Uil siamo scesi in piazza. Era giusto. Senza risposte adeguate, la mobilitazione continuerà».

LA STAMPA

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