L’autogol sovranista che condanna l’Italia

Alessandro De Angelis

Secondo una classica formula di rito, fanno sapere da palazzo Chigi che l’incontro sarà utile per favorire il dialogo sui principali dossier. Ma è complicato immaginare che, al di là della foto opportunity ricercata da Giorgia Meloni, anche comprensibilmente, per ragioni di standing, il confronto con la presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen, oggi a Roma, possa in qualche modo produrre elementi di novità sul tema più caldo dell’immigrazione.

Non ne parlano, preferendo, verificata l’impossibilità dei “porti chiusi”, l’ammuina dei “porti itineranti” coi poveri cristi delle Ong dirottati verso Ancona solo per prendere tempo. Ma se ci fosse stato un governo di un altro colore, gli impresari della paura oggi al potere avrebbero suonato, per fatturare voti, la grancassa dell’“emergenza” su numeri che riportano l’orologio a prima del 2015. Superata la soglia psicologica dei 100 mila arrivi nel 2022, gli ultimi dieci giorni sono impressionanti: 657 il 30 dicembre (zero l’anno prima, stessa data), 674 il 31 (437 l’anno prima), 500 il 2 gennaio (45 l’anno prima), 1192 il 3 (35 l’anno prima) e così via.

È “il problema”, del governo, rivelato proprio dall’idea di spedirli ai sindaci di sinistra. Difficile farli accogliere da chi, per anni, è cresciuto alla scuola del «rispediamoli a casa loro». Prima vera contraddizione in seno alla destra. Del resto la memoria va proprio a quella rivolta dei sindaci che bloccavano i pullman in piena emergenza durante il governo Gentiloni, prima che (con il ministro dell’Interno Minniti) venisse messa in campo una strategia complessiva di governo del fenomeno, in Europa e in Italia. Ed è proprio quel che manca oggi: visione, relazioni, autorevolezza.

Bel paradosso quello di una destra che, sull’economia, dove l’Europa ha una linea si è consegnata al vincolo esterno e alle regole comuni, al punto da non confermare neanche il taglio delle accise sulla benzina voluto da Mario Draghi, mentre sui migranti, dove l’Europa una linea non ce l’ha, non sa che fare. Poiché non può esistere per definizione l’internazionale sovranista, e dunque i Paesi di Visegrad, già piuttosto impegnati con i profughi ucraini (ancora per molto) non sono interessati a farsi carico del problema italiano e lo stesso vale per la Svezia guidata dalla destra estrema, e poiché anche i Paesi non sovranisti (vedi Macron) hanno il problema delle opinioni pubbliche nazionali, insistere sulla redistribuzione rischia di essere esercizio puramente retorico.

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