La religione della Repubblica
Questo buco nella storia comporta inevitabilmente un interrogativo sulla democrazia. Finché non si scioglie pubblicamente quel nodo, infatti, non si conosce la concezione compiuta della democrazia di Giorgia Meloni. Non si tratta qui evidentemente di atti, comportamenti, misure di governo: ma della nozione di democrazia che la premier coltiva, della sua visione e della sua rappresentazione, potremmo dire della sua dottrina. Poiché il mondo del sovranismo e del nazionalismo a cui Meloni fa riferimento teorizza apertamente un’idea neo-autoritaria di democrazia, con la fuoruscita dal vecchio modello di democrazia liberale e dallo Stato di diritto, è inevitabile chiedere alla Presidente del Consiglio qual è la sua scelta, cruciale per il nostro destino di Paese e persino per l’Europa e per l’Occidente, col rischio che l’Italia finisca in una geografia capovolta.
I valori e gli ideali di cui stiamo parlando sono scritti nella Costituzione. Ma la fedeltà alla Carta è soltanto formale se non si condivide la sua negazione del fascismo e la sua piena adesione ai principi della democrazia liberale, trasformati in diritti e in istituzioni. Di più: questo insieme dà vita e forma al canone occidentale, la cultura e l’identità in cui il Paese è vissuto durante la lunga pace del dopoguerra, in una democrazia imperfetta e talvolta infedele, che tuttavia ha garantito sempre la nostra libertà. È questo lo spirito repubblicano che vorremmo preservare, perché è l’unico vento che fa muovere la bandiera per tutti i cittadini: il sentimento costituzionale della democrazia occidentale.
LA REPUBBLICA
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