L’aumento per le badanti non ricada sulle famiglie
Chiara Saraceno
Dopo gli aumenti della benzina, delle bollette, dell’affitto, dei trasporti, per molte famiglie è in arrivo un nuovo aumento: quello del costo di colf e badanti, per adeguare i compensi all’inflazione. Un aumento di circa il 10 per cento. Ovviamente anche colf e badanti subiscono i costi dell’inflazione, soprattutto se non sono conviventi e non devono fronteggiare i costi di vitto e alloggio. Non solo, le loro famiglie appartengono al gruppo di quelle più colpite dell’inflazione, avendo bilanci modesti e perciò rigidi.
L’adeguamento sembra perciò equo e in qualche misura dovuto, come per altre categorie di lavoratrici e lavoratori a reddito modesto. Ma l’effetto che ciò può avere su di loro e sulle famiglie che le impiegano può essere molto pesante. Un aumento di 100 euro o più (considerando tredicesima e quota di TFR) al mese per una badante convivente può diventare insostenibile per alcune famiglie , certo non povere, ma non ricchissime, il cui stipendio o pensione non è sempre analogamente adeguato all’inflazione. Ricordo che una badante non è un lusso in un paese in cui le politiche, e i servizi, per la non autosufficienza, sono gravemente carenti, quando non del tutto assenti. Il rischio è duplice. Qualcuno rinuncerà alla badante, o alla colf a ore, sostituendone il lavoro pagato e regolare con il proprio ( o della moglie, figlia, nuora) lavoro non pagato, insieme creando disoccupazione e peggiorando la propria qualità della vita.
Qualcuno licenzierà la persona finora assunta regolarmente per riassumere lei o un’altra in nero, una situazione che si stima già ora coinvolga il 60 per cento di queste lavoratrici e lavoratori, la parte più fragile e sprotetta di una categoria che, anche quando contrattualizzata, gode di molti meno diritti degli altri lavoratori dipendenti. Altri cercheranno un compromesso, spostando parte dell’orario da regolare al nero. L’adeguamento all’inflazione, infatti, coinvolge ovviamente solo le lavoratrici contestualizzata, non le altre. Le associazioni di categoria hanno fatto in questi anni un lavoro importante per dare dignità e sicurezza alle lavoratrici domestiche, favorendone l’emersione.
Anche l’immigrazione ha favorito il processo, perché l’avere un contratto regolare è indispensabile per avere il permesso di soggiorno e le periodiche regolarizzazioni hanno favorito proprio colf e badanti, viste come “meritevoli” per l’indispensabile aiuto che forniscono alle famiglie in un contesto di servizi pubblici scarsi. Anche se le difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno a loro volta fanno delle migranti le più ricattabili tra le lavoratrici in nero. Nel riconoscere la legittimità delle richieste di adeguamento all’inflazione di colf e badanti occorre dunque tenere ben presenti i rischi di peggiorare invece la situazione per molte di loro in un mercato del lavoro in cui la quota di irregolarità è ancora maggioritaria.
Occorre trovare un compromesso che consenta a chi ha scelto di assumere regolarmente una collaboratrice familiare o una badante possa continuare a farlo anche nelle circostanze attuali e alle lavoratrici di avere una paga decente e contributi per la pensione e gli infortuni.
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