Dal Msi ai migranti: la destra e il fascismo che ritorna

di Furio Colombo

Avrò avuto undici anni e camminavo a caso per i viali deserti di Torino quando andai a sbattere contro il corpo di un uomo impiccato a un albero. Ho saputo in modo istantaneo che si trattava di un delitto fascista. I resti delle spedizioni di Salò venivano lasciati dovunque, un corpo sul marciapiede, uno dentro un portone, per essere certi che i cittadini sapessero, come si fa quando si lasciano in giro le tracce delle feste. Ricordo bene quel momento. Come un flash ho visto un pensiero proiettato ben chiaro in quel cielo invernale: “Ci sarà un dopo”.

Era un pensiero di rivolta, come per tutto il movimento partigiano che mi brulicava intorno. Ma non di vendetta. Prevaleva la persuasione che l’Antifascismo avrebbe liberato il mondo dal fascismo con una zampata definitiva e che le imprese sinistre del fascismo non sarebbero sopravvissute neppure nella memoria di chi non poteva ammettere di averle compiute. Il peso insopportabile di troppi morti avrebbe spinto altrove la storia, la vita, il sentimento italiano, nella appassionata ricerca di ritorno a un percorso umano.

Eppure adesso sono diventate chiare due cose in chi aveva vissuto dal vero, come me, l’incubo del fascismo. La prima è che in grande maggioranza i fascisti sono restati tra noi come reduci fra i reduci, a guerra finita. A nessuno di loro – ben motivati e organizzati – a suo tempo era sfuggito un solo ebreo e un solo antifascista (salvo i rifugiati di conventi e di case non infettate dal fascismo). Ma nessuno, dopo, ne ha chiesto conto, al punto che alcuni hanno ricoperto cariche.

La seconda, che si è fatta strada rapidamente, era che – in un Paese grigio e propenso a vedere come va a finire prima di decidere – è sembrato normale e civile riconoscere che se ci sono gli antifascisti è naturale che ci siano anche i fascisti. Non puoi zittirli a causa di fatti avvenuti in altre circostanze e in un altro tempo.

Ecco perché al presidente del Senato La Russa non è sembrato di avere detto niente di sbagliato, elogiando il fascismo tramite il Movimento Sociale Italiano (partito neofascista che aveva occupato il posto libero di una estrema destra ancora da definire). La Russa aveva ragione e comprensibilmente si è indignato per le critiche al suo elogio del fascismo tramite Msi, perché ha capito prima di altri che stava occupando un altissimo ruolo non nella rivoluzione ma nella continuazione.

Il fascismo non era mai andato via (si pensi alle stragi, dalla Banca dell’Agricoltura alla P2) e adesso è legittimato ad andare avanti da una poderosa vittoria di un partito di estrema destra che – salvo respingere fino alle lacrime ogni partecipazione alla Shoah – del fascismo e del Msi si è preso tutto, compresa l’emanazione di leggi, come quella che vuole eliminare le organizzazioni umanitarie che salvano i profughi in mare e punire gli autori dei salvataggi, come chi nascondeva quelli privi di fede nel fascismo.

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