Berlusconi: “Il primo errore di Giorgia”. La premier furiosa lancia l’offensiva in tv

FEDERICO CAPURSO, FRANCESCO OLIVO

ROMA. Nella sua giornata peggiore a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni si ritrova da sola. Ha un consenso forte, ma in tempi mutevoli e nevrotici, basta un niente per far cambiare il vento. L’ondata di malcontento scatenata dagli aumenti, veri, percepiti o gonfiati che siano, rischia di interrompere, o per lo meno di macchiare, una luna di miele finora tutto sommato serena.

Lo sconto alle accise per ora non torna, al di là di quello che Giancarlo Giorgetti aveva ventilato, ma occorre spiegarlo anche ai telespettatori dell’ora di punta. Poi ci sono gli alleati che attaccano. Silvio Berlusconi non vuole guerre, ma fa una considerazione che ha un suo peso: «Quello sulla benzina è il primo errore della signora Meloni». Poi c’è Matteo Salvini che, occupato com’è dai cantieri del suo ministero, non spende una parola per difendere la leader in difficoltà. Il Carroccio poi aspetta al varco i Fratelli d’Italia, l’appuntamento è per la ratifica del Mes, il fondo salva Stati che nessuno vuole utilizzare, ma che andrà presto approvato dal Parlamento.

La premier sa riconoscere i segnali e sono negativi: «Sono peggio di Fratoianni», dice privatamente degli alleati, con ironia amara. Le tv del Cavaliere non fanno che mandare in onda servizi con automobilisti inferociti. È il caso di intervenire subito, ammesso che non sia troppo tardi, prima di essere travolta (in termini di consenso) da una misura che la premier continua a ritenere giusta. Serve una controffensiva. Sin dalle prime ore del mattino i fedelissimi mandano alle agenzie dichiarazioni per giustificare le scelte dolorose del governo. Non basta, però, come non è bastato il video postato sui social mercoledì, e oggetto di critiche anche di molti fan, per le incoerenze rispetto alle promesse elettorali. Così, nel pomeriggio Meloni decide di concedere due interviste alle edizioni delle 20 dei tg di Rai e Mediaset. L’esigenza di dover spiegare, ancora una volta, la ragione per cui lo sconto deciso da Mario Draghi non sia stato rinnovato, è giustificata dalle prime rilevazioni nell’opinione pubblica.

C’è un’altra insidia poi: lo sciopero minacciato dai benzinai. Oggi le categorie saranno a Palazzo Chigi per scongiurare quello che un dirigente di Forza Italia definisce «il primo sciopero della storia indetto su una norma che nessuno ha capito», ovvero la cosiddetta operazione trasparenza che obbligherebbe i gestori a esporre cartelli con i prezzi medi del carburante. Una trovata che il responsabile Energia di Forza Italia, Luca Squeri, in un’intervista a La Stampa, ha definito «populista». Da Arcore si fanno diverse critiche alla gestione di questa prima piccola crisi. L’aumento così repentino dei prezzi poteva essere evitato, ragionano i berlusconiani, magari rendendolo più graduale di quanto è stato fatto o con una misura specifica nella manovra, quando era chiaro che il calo del prezzo del petrolio, previsto da Giorgetti, non sarebbe stato così consistente. «Un errore», ripetono gli azzurri, che si sono scagliati contro chi, anche da Palazzo Chigi, aveva addossato la colpa degli aumenti a una fantomatica speculazione.

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