Bindi e Dirindin: la Sanità svenduta in nome del mercato, ma l’Italia rimane un piccolo miracolo
RosY Bindi, Nerina Dirindin*
Il Servizio sanitario nazionale, un presidio fondamentale per la salute delle persone e per la solidarietà nazionale, è oggi malato. Unanimemente riconosciuto punta avanzata della pubblica amministrazione e all’avanguardia nel panorama internazionale, il Ssn appare sempre più «non autosufficiente», ovvero incapace di svolgere autonomamente le funzioni che gli sono proprie. Conosciamo le cause della malattia; per troppi anni è stato sottoposto a interventi contrari al rispetto dei principi costituzionali e dei diritti umani fondamentali, assecondando l’idea che il mercato avrebbe comunque potuto sostituire buona parte della sanità pubblica, quella più in grado di generare profitti. Condividiamo le tante grida di allarme che (solo) ora si levano forte, ma non accettiamo la diagnosi di incurabilità espressa da molte voci, spesso non disinteressate. Riteniamo al contrario che il Ssn possa ancora essere salvato, e si debba combattere per ridargli ruolo e dignità. Perché in assenza di sostanziali interventi straordinari e di un grande lavoro trasformativo sul piano culturale e politico, la sua «non autosufficienza» è destinata ad aggravarsi e gli italiani sono destinati a vedere la propria salute sempre più condizionata dalla loro situazione socio-economica.
Eppure, nonostante le sue tante pecche, il Ssn è un piccolo capolavoro: è l’espressione della capacità del nostro Paese di raggiungere grandi risultati con poche risorse. A dispetto della storica penuria di risorse, il Ssn ha infatti sempre saputo produrre buoni risultati in termini di salute. Valga per tutti un dato poco noto: il numero di decessi (per 1000 abitanti) ritenuti potenzialmente evitabili attraverso il ricorso a interventi sanitari tempestivi e appropriati è in Italia del 30% inferiore alla media Ue (24% in meno della Germania). Anche il tasso di sopravvivenza ai tumori è superiore alla media Ue. Un capolavoro, se si pensa che l’Italia destina complessivamente alla sanità un ammontare di risorse del 25% inferiore alla media Ue, mentre Francia e Germania spendono rispettivamente il 45% e l’85% in più (calcolate per abitante e a parità di potere d’acquisto – dati Oecd riferiti al 2019).
Ma come si spiega l’apparente paradosso della bassa spesa e dei buoni risultati? Innanzitutto, un sistema universale come il nostro evita la spirale dei costi propria dei modelli basati sulle assicurazioni sociali o sulle polizze malattia (come dimostra la letteratura specialistica sui sistemi sanitari comparati). Conta la competenza acquisita nel tempo dai professionisti della sanità pubblica: il Ssn è l’unico settore della pubblica amministrazione che negli ultimi decenni si è dotato di un apparato tecnico e di un sistema di governance che – per quanto imperfetti – non hanno eguali negli altri comparti pubblici. C’è poi la preparazione dei professionisti e la loro dedizione alla sanità pubblica, magistralmente svelate in occasione della pandemia ma ancora poco riconosciute – se non a parole – dai decisori e dalla politica. Conta il ruolo svolto dalle famiglie (e dalle donne) nella cura di molte persone fragili, senza gravare eccessivamente sulla spesa pubblica. E, per ironia della sorte, contano le politiche di risanamento della finanza pubblica che hanno costretto la sanità pubblica a puntare sull’appropriatezza e sull’essenziale. E così il Ssn ha via via imparato a operare sempre con meno risorse, mentre i governi hanno imparato a imporre sempre maggiori sacrifici, confidando sul fatto che nessun ospedaliero avrebbe abbandonato un paziente alla fine del proprio turno di lavoro o si sarebbe sottratto ai doveri cui deve adempiere «quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera» (come afferma il codice di deontologia medica). Un modo di procedere, quello dei governi, poco responsabile e al contempo poco rispettoso della dignità del lavoro di cura, che invece andrebbe protetto e valorizzato. Ma ormai il vaso è colmo, gli operatori si sentono traditi e le persone si stanno abituando a rivolgersi al privato.
Pages: 1 2