Sanità, medici a gettone: 100 mila turni in un anno. Tutti i rischi per i pazienti
Cosa dicono i dati
Da questa fotografia inedita emerge che alla carenza di medici per i turni d’emergenza in Pronto soccorso, in Ostetricia per i parti e in Pediatria per le urgenze dei bambini, si affianca una mancanza di medici che sta via via estendendosi anche alle altre specialità. È la riprova dei danni fatti negli anni dal blocco del turnover, dai continui tagli alla sanità e da una programmazione sbagliata sul numero di medici da formare. Ma non finisce qui. Tra gli ospedali in difficoltà per i buchi di organico spesso ci sono i più piccoli, scarsamente attrattivi per i medici e con pochi pazienti. Nel 2015 il decreto ministeriale 70 dal titolo «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera», voluto dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, prevedeva che i reparti che non hanno un’attività minima devono essere riconvertiti in ambulatori di prima assistenza o chiusi, anche e soprattutto per ragioni di sicurezza: quando si fanno pochi interventi manca l’assistenza in caso di complicazioni. In realtà quel provvedimento è rimasto in larga parte lettera morta (qui il Dataroom dell’aprile 2019).
Tra gli ospedali in difficoltà per i buchi di organico spesso ci sono i più piccoli, scarsamente attrattivi per i medici e con pochi pazienti.
I rischi per i pazienti
Il problema oggi è la scarsità di garanzia di qualità delle cure ai pazienti poiché la diffusione dell’utilizzo dei medici a gettone non segue nessuna regola. La competenza e la lucidità del turnista dipendono solo ed esclusivamente dal livello di serietà delle cooperative che li selezionano e che vincono appalti: spesso l’unico requisito richiesto è il «minor prezzo». Al di là delle capacità del singolo medico (ci sono turnisti impeccabili), la conferma del rischio di inadeguatezza del servizio offerto arriva da un’indagine dei Nas che, d’intesa con il ministero della Salute, dalla metà di novembre ai primi di dicembre ha svolto verifiche a campione su 1.525 medici delle cooperative. Risultato: sono stati trovati dottori arruolati come ostetrici senza nessuna formazione per fare i parti cesarei, altri in Ps senza avere competenze in Medicina d’Urgenza, oppure già dipendenti di altri ospedali che facevano di nascosto i doppi turni per la cooperativa, altri ancora sopra i 70 anni e dunque fuori per legge dal servizio sanitario. Otto i casi di frode nelle pubbliche forniture in cui «con dolo vengono consegnate cose diverse da quelle pattuite». E in assenza di regole è anche difficile eseguire controlli: com’è possibile, per esempio, scovare il medico che dopo avere smontato il turno di 12 ore in un ospedale, senza osservare le ore di riposo, va a lavorare in un altro per accumulare gettoni, ossia soldi? Allo stato delle cose non è individuabile, eppure nessun paziente vorrebbe farsi curare da un medico in servizio da 24-36 ore. Inoltre sappiamo, da testimonianze dirette, che tra i medici a gettone ci sono molti neolaureati in medicina senza nessuna esperienza che si trovano a eseguire diagnosi.
Stipendi a confronto
Un medico ospedaliero assunto da più di 15 anni guadagna 52 euro lordi all’ora, per 6 ore e 20 minuti al giorno da contratto (che però vengono sempre superate) per 267 giorni l’anno. Il calcolo tiene conto di un giorno di riposo settimanale, 36 di ferie e 10 di festività (qui il contratto). In totale il salario annuo lordo è poco più di 85 mila euro. Gli stessi soldi un medico a gettone li guadagna facendo 84 turni da 12 ore, poiché la paga oraria minima in Ps e in Anestesia è di 87 euro lordi. Certo, a suo carico il gettonista ha ferie e malattia, ma c’è chi arriva a cumulare anche 20 turni al mese con uno stipendio che cresce esponenzialmente.
Stipendi a confronto
Il governo non è ancora intervenuto per regolare il fenomeno, così le Regioni cercano soluzioni in proprio aumentando la paga oraria: da 60 a 100 euro ai medici ospedalieri disponibili a turni extra. Il Veneto lo fa dallo scorso maggio, il Piemonte e l’Emilia-Romagna con la legge di Bilancio dello scorso dicembre. Quest’ultima permette anche agli ospedali di contrattualizzare direttamente liberi professionisti in aggiunta ai dipendenti. Mentre da fine settembre la Lombardia promuove accordi tra ospedali pubblici dove chi ha medici disponibili li manda a fare turni extra dove c’è bisogno sempre a 100 euro l’ora. Attraverso questo incentivo le Regioni puntano a ridurre il ricorso alle cooperative, anche perché trattandosi di somministrazione di pura manodopera, si potrebbe configurare una violazione del Codice civile.
È evidente che queste soluzioni tampone non possono protrarsi nel tempo perché gravano su un personale sanitario già sfiancato da oltre due anni di epidemia e dal recupero di qualche milione di visite ambulatoriali. Il tema è sempre lo stesso: una programmazione sanitaria in grado di formare i medici di cui c’è bisogno e poi pagarli il dovuto per non farli scappare. Ebbene, ancora una volta dalla legge di Bilancio non arriveranno investimenti. Paradossalmente si è discusso di più dell’abbattimento dei cinghiali. dataroom@corriere.it
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