E se la recessione fosse davvero evitabile? Lo scenario del «soft landing»

di Federico Rampini

Sognando il “soft landing”: e se evitassimo la recessione?

«Soft landing» significa atterraggio morbido. Atterraggio da che cosa? Dall’alta inflazione, dal pericolo di un surriscaldamento dell’economia avvitata in una spirale prezzi-salari. Un atterraggio morbido significa riportare il carovita a livelli ragionevoli, senza passare attraverso la medicina più dolorosa: una recessione.

Se si riuscisse a raffreddare la situazione quel tanto che basta, senza infliggere alla popolazione le sofferenze di un forte aumento della disoccupazione, sarebbe uno scenario molto positivo. Sarebbe anche un capolavoro firmato da Jerome Powell, il presidente della Federal Reserve, la banca centrale americana. La lotta all’inflazione infatti la stanno conducendo prevalentemente, o perfino esclusivamente, le banche centrali. Usano l’arma dei tassi d’interesse perché agisce sulla domanda: rende più caro il credito per le imprese e per i consumatori; fa costare di più i prestiti bancari e i mutui casa e l’uso delle carte di credito. Comprime i consumi e gli investimenti, quindi riduce la spesa complessiva e questo dovrebbe calmare i prezzi. I governi da parte loro fanno poco o nulla per contrastare l’inflazione, i provvedimenti in favore della concorrenza oppure della trasparenza dei prezzi sono abbastanza simbolici. Infine c’è una componente dell’inflazione attuale che viene dai prezzi dell’energia, sui quali nessuno di noi in Occidente ha un potere diretto d’intervento; però anche le quotazioni di gas e petrolio reagiscono alla domanda e quindi, sia pure molto indirettamente, se le banche centrali raffreddano la crescita economica riducono anche i nostri consumi di energia e contribuiscono a calmare i prezzi su quel fronte.

Powell come Volcker, anzi meglio?

Se il sogno si avvera Powell passerà alla storia come Paul Volcker, il suo predecessore che negli anni Ottanta riuscì a domare l’iperinflazione scatenata da due shock petroliferi (1973 e 1979) e dalla forte conflittualità sociale. (Volcker è morto nel dicembre 2019 all’età di 92 anni senza aver visto né la pandemia, né la rinascita dell’inflazione).

Volcker dovette usare in modo spietato l’arma dei tassi d’interesse, con rialzi feroci del costo del denaro e danni sociali pesanti. Powell invece spera di riuscirsi maneggiando i rialzi dei tassi con maggiore moderazione ed evitando una grave recessione. Questa sua speranza di recente si è diffusa anche tra gli investitori in Borsa, così si spiega la ripresa di Wall Street che ha aperto il 2023. Il sogno che sta generando un’atmosfera cautamente ottimista in Borsa, è quello di non ripetere né gli anni Settanta né gli anni Ottanta, di cavarcela in modo meno doloroso di allora. Nonostante la guerra in Ucraina, nonostante gli shock energetici che stiamo ancora pagando.

L’inflazione americana continua a rallentare.

Cosa giustifica questa ventata di ottimismo o quantomeno la sensazione di scampato pericolo? Una serie di dati che partono dagli Stati Uniti. Proprio l’economia americana era stata la prima a conoscere fiammate inflazionistiche poderose – e largamente impreviste – nel 2022. Ma è da sei mesi consecutivi che l’inflazione americana continua a calare: l’aumento di dicembre nell’indice dei prezzi al consumo è stato del 6,5% annuo, rispetto a un picco del 9% raggiunto nel mese di giugno dell’anno scorso. Si direbbe che la flessibilità dell’economia di mercato – insieme con la cura della banca centrale – stia reagendo alla crisi più efficacemente del previsto.

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