Niccolò Ammaniti: “La paura dice la verità”
ANNALISA CUZZOCREA
Abbiamo forse troppa paura della nostra vita intima. Di come possa essere giudicata dagli altri, di come possa non corrispondere all’idea che sapientemente, di noi stessi, costruiamo. Nell’ultimo romanzo, il primo dopo otto anni, Niccolò Ammaniti ci mostra con pazienza da entomologo quello che siamo diventati: l’ossessione per l’immagine pubblica, la politica capace solo di inseguire il consenso veloce e fortuito, le decisioni prese in base a intuizioni di presunti guru tecnologici, la difficoltà di fare quel che fa sentire bene davvero, l’inclinazione al sospetto e alla paranoia.
Ne La vita intima, in uscita oggi per Einaudi Stile Libero, tutto questo è raccontato attraverso Maria Cristina Palma: la donna più bella del mondo, moglie del presidente del Consiglio italiano, ex modella, una vita costellata di dolori, ma non per questo esente dagli attacchi feroci dei social network e dalle critiche spietate di chi la circonda.
Anche in Anna c’era una protagonista femminile. Ma si
trattava di una ragazzina e la trama apocalittica era completamente
diversa da questa, del tutto contemporanea. Come mai ha scelto di
calarsi, e immergere il lettore, nella testa di Maria Cristina Palma?
«Di
solito quando scrivo in terza persona tendo a creare molti personaggi.
Stavolta ho scelto una terza persona diversa, con la protagonista al
centro. C’è solo un momento in cui il narratore descrive quel che pensa
la sua assistente, una cosa come “chi me l’ha fatto fare”, ma è un
attimo, quasi un errore dal punto di vista stilistico. L’idea era di
stare sempre con lei e usare il presente, per storicizzare meno la
storia. All’inizio ho fatto molta fatica, poi è andata».
La fatica non si vede. Sono 301 pagine che filano via come
fossero 80. Non si percepiscono tentativi di impressionare il lettore,
di dimostrare una tesi, di esibire le proprie capacità narrative. Emerge
la storia.
«Dopo otto anni senza scrittura ho usato una
tecnica che mi permettesse di rivolgermi a chi legge. Alla maniera dei
libri dell’’800 o delle favole. Ho sentito il bisogno di riprendere il
rapporto con i lettori, che avevo perso. E poi ho messo più riflessioni
personali: che vanno da Darwin all’etologia fino ai processi che
riguardano la memoria. Nella fase del racconto però sono stato il più
vicino possibile a Maria Cristina, ho usato una sorta di terza persona
mimetica: un lavoro più complesso del solito non a livello di scrittura,
ma a livello psicologico. E alla fine sono soddisfatto».
Ma perché un personaggio così distante da lei?
«Non
sono uno che scrive un libro all’anno, scrivo quando mi va. Quindi
penso che ogni libro debba essere un passo in avanti. L’ultima volta
avevo scrutato l’animo di una ragazzina in un mondo post-apocalittico,
questa volta ho pensato a una donna matura. Volevo vedere cosa succedeva
mettendosi in quei panni e capire se sarei riuscito a renderla
credibile».
Una sfida.
«Resa più difficile dal fatto che ho
scelto una donna particolare, che non ha certo le credenziali per essere
la più simpatica del mondo. Bellissima, ricca, all’apparenza ha tutto:
una vita spenta, ma assolutamente privilegiata. Ho sempre pensato che le
donne così diventino donne immagine, trofei per gli uomini che le
conquistano. Come le mogli dei calciatori, come la moglie di Trump.
Scelgono di essere la compagna dell’uomo potente e vengono classificate
in un certo modo, senza che nessuno abbia voglia di scavare».
Il New Yorker ha pubblicato un lungo articolo
sull’abuso del trauma-plot nella letteratura contemporanea. Ho pensato,
magari vale anche per quest’ultimo di Ammaniti. Poi ho letto e ho capito
che per quanto avvenimenti luttuosi siano presenti nella vita d Maria
Cristina, per quanto sia uno choc scoprire che esiste un video porno di
lei a venti a anni, l’unico vero trauma della sua vita è la bellezza.
«C’è
una scena in cui la sottosegretaria-rivale dice a Maria Cristina mentre
guardano l’Opera: “Io penso che una bellezza come la tua metta
soggezione. C’è qualcosa di assoluto che ti sovrasta e quando uno ti sta
vicino fa fatica a essere sé stesso. Tu non sei sullo stesso piano del
resto dell’umanità”».
Pages: 1 2