Matteo Messina Denaro, la rete di complici tra massoni e medici: indagato l’oncologo che scoprì il tumore
Riccardo Arena
TRAPANI. Spunta la stanza segreta, spunta la rete delle complicità, in gran parte ancora da scoprire: sotto inchiesta finisce un altro medico, un oncologo, così come è indagato anche il proprietario del secondo covo scoperto ieri a Campobello di Mazara dal Gico della Guardia di finanza, grazie ai dati catastali e a un non meglio precisato «aiutino», e perquisito assieme ai carabinieri del Ros. Ma siamo solo all’inizio, con l’esame di carte, preziosi, documenti e pure scatole vuote perché probabilmente – tra lunedì e ieri – già svuotate.
L’appartamento con l’intercapedine segreta, roba da film, era a disposizione di Matteo Messina Denaro, l’inafferrabile superlatitante della porta accanto, catturato tre giorni fa in una clinica di Palermo. Così come erano a sua totale disposizione tante persone, secondo chi indaga. Innanzitutto per curare il tumore al colon individuato tre anni e mezzo fa a Castelvetrano, il paese della famiglia del boss e poi al centro di diagnosi, visite e interventi chirurgici eseguiti fra Mazara del Vallo, Trapani e Palermo, alla clinica La Maddalena, dove è scattato il blitz vincente degli uomini del Ros, coordinati dal colonnello Lucio Arcidiacono.
Proprio questa serie di passaggi sanitari viene analizzata a fondo con l’indagine che, dopo il medico generico Alfonso Tumbarello, adesso coinvolge («come atto dovuto») anche Filippo Zerilli, il primario oncologo dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani che per primo, nel 2019, aveva esaminato i vetrini dell’esame istologico intestato ad Andrea Bonafede. Possibile che non sapesse, Zerilli, che il misterioso geometra-bigliettaio dell’Aquasplash aveva prestato la propria vita, oltre che l’identità, a Messina Denaro? A chi indaga premeva il ritrovamento del primo esame istologico, dal quale emergeva il Dna del capomafia: serve un raffronto per avere la matematica certezza che già allora a essere curato fosse Matteo e non Andrea, il latitante e non il suo amico di vecchia data, pronto a comprare l’appartamento-rifugio di vicolo San Vito con i soldi del capomafia. Nell’ordinare la perquisizione dell’abitazione, dello studio e del reparto – dal quale ieri Zerilli era assente per malattia – i magistrati della Dda palermitana, coordinati da Maurizio De Lucia e Paolo Guido, si sono mostrati convinti di sì, che il primario molto noto a Trapani e appassionato di trekking potesse conoscere la vera identità della persona di cui stava esaminando la situazione clinica.
I pm sono stati indotti a questa convinzione da una fonte confidenziale, che potrebbe essere la stessa che ha guidato il Gico in via Maggiore Toselli, a poca distanza dalla residenza ufficiale di Messina Denaro. Quella casa è di Errico Risalvato, strane generalità di un personaggio che effettivamente – nomen omen – aveva evitato una condanna nel 2001, dopo essere finito sotto inchiesta e fratello di Giovanni, condannato invece a 14 anni. Nel novembre 2019, da incensurato, aveva subito una perquisizione assieme ad altri presunti fiancheggiatori. Poi più niente, fino a ieri.
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