Caso Nordio, la premier Meloni teme l’asse con Renzi. Il Guardasigilli: c’è chi mi rema contro
Per la riforma della giustizia Nordio ha un calendario chiaro in testa, con un occhio alla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Prima – sostiene – voglio concentrarmi sugli interventi che favoriscono l’economia e gli investimenti». Dunque, abuso d’ufficio e traffico di influenze. Ma già qui le idee sono diverse: Nordio è per abolire l’abuso, FdI è per limitarsi a modificarlo. Il Guardasigilli, poi, vorrebbe passare alle intercettazioni. Per limitarle il più possibile. Non proprio quello che hanno in programma di fare i falchi del partito della premier. Tutt’altro. Il sottosegretario alla Giustizia di FdI, Andrea Delmastro, continua a ripetere che l’argomento «è chiuso» e che al massimo le nuove norme colpiranno «gli abusi della stampa». I rapporti del sottosegretario con Nordio sono stati segnati da continui distinguo, che hanno innervosito il titolare di Via Arenula. Prova ne è anche il confronto acceso tra i due nel cortile della Camera, notato durante le votazioni sul Csm.
Negli ultimi giorni, Nordio ha avuto più di una telefonata con Meloni. A lei ha ribadito che non ha intenzione di dimettersi ma anche che non tradirà mai il suo amore per il garantismo. Vuole capire però se i membri del governo sono con lui. Perché, sostiene, è da alcune componenti dell’esecutivo che sente mancare il sostegno e la fiducia. E non si riferisce solo a Delmastro, ma anche a chi abita quotidianamente le stanze di Palazzo Chigi. Due nomi fanno in queste ore fonti vicine al ministro: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e il vice capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (Dagl) Roberto Tartaglia. Entrambi non hanno apprezzato le parole di Nordio in Aula su mafia e magistrati, e avrebbero voluto che Nordio cedesse sull’opportunità di inserire l’aggravante mafiosa nella riforma Cartabia sulla procedibilità d’ufficio in un decreto d’urgenza. Il ministro, invece, ha preferito limitarsi a un disegno di legge. Mantovano è un giurista, molto stimato da Meloni, un magistrato di Cassazione che, ai tempi in cui era sottosegretario all’Interno – nei governi Berlusconi – si spese molto per le campagne antimafia e a favore delle leggi a protezione dei testimoni di giustizia. Tartaglia anche è un magistrato e ha partecipato alle indagini sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia, niente di più lontano per cultura e impostazione da Nordio: chiamato dall’ex ministro grillino Alfonso Bonafede a ricoprire il ruolo di vice capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è stato poi spostato da Mario Draghi al Dagl, a Palazzo Chigi, e qui confermato da Meloni.
LA STAMPA
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