Perché le parole di Donzelli su Cospito sono un caso: gli atti citati non sono disponibili per i parlamentari

Si vedrà se il responsabile organizzativo di FdI resterà al Copasir o si dimetterà dal ruolo di vice presidente del Comitato sui Servizi, come chiedono le opposizioni. Si vedrà se la presenza di Delmastro al ministero sarà compatibile ancora con quella di Nordio. E si vedrà anche se — a causa di quel discorso in Aula — sono state violate notizie di un possibile fascicolo d’inchiesta. Ma il punto è politico. E il danno ricade su Meloni, che cercherà di far abbassare la tensione e preservare per quanto possibile i dirigenti del suo partito, consapevole che le opposizioni cavalcheranno la questione.

Appare scontato che la polemica sia destinata a montare. A parte le ammissioni di Delmastro e dello stesso Donzelli, che fuori dall’Aula ha infarcito di ulteriori particolari il suo discorso, lo scontro si protrarrà anche nel giurì d’onore, che il Pd — sentitosi offeso dalle affermazioni del deputato di FdI — ha chiesto ed ottenuto dal presidente della Camera Fontana. «Hanno tentato di accostarci ai mafiosi», denuncia la capogruppo dem Serracchiani, che insieme ad altri compagni di partito era andata in carcere per verificare le condizioni di salute di Cospito: «Ma noi siamo convinti sostenitori del 41 bis». Se l’intento della destra era denunciare le contiguità di una «certa sinistra» con i gruppi anarchici, il colpo è finito fuori target.

Così la ricaduta su Palazzo Chigi è duplice. Intanto l’obiettivo degli avversari è mettere in difficoltà la premier sul delicato tema della giustizia, evidenziando la contraddizione in cui è stata cacciata: «Se è vero che mira a debellare l’uso mediatico delle intercettazioni — dice Costa del Terzo polo — non può far passare che un suo esponente riveli notizie riservate addirittura in un dibattito parlamentare». Di qui il nervosismo di Nordio: per quanto le forze di opposizione gli abbiano fatto sapere che non è lui nel mirino, il timore del Guardasigilli è che questo passo falso possa intralciare la sua azione legislativa.

Ma soprattutto è Meloni che vede di fatto sconfessata quella linea della sobrietà alla quale ancora l’altro ieri si era richiamata, esortando a evitare polemiche nell’interesse nazionale. Attenta com’è nella gestione dei dettagli e dei rapporti, capace di strappare giudizi positivi da Bruxelles per l’atteggiamento in Europa e di ricevere consensi dai partner internazionali per la postura sul conflitto in Ucraina, la premier viene in questo caso risospinta indietro per responsabilità della sua stessa classe dirigente, che stenta a interpretare il nuovo ruolo. E come Penelope deve tessere la tela che altri in questi primi cento giorni le hanno a volte disfatto.

CORRIERE.IT

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