Big Tech: utili record, ma licenziamenti di massa. A rischio un milione di posti di lavoro

di Milena Gabanelli e Massimo Sideri

Come è possibile che le Big Tech, l’industria più potente del mondo, mentre festeggiano uno dei bienni migliori di sempre, licenzino 200 mila persone? Le borse vanno male, è vero. Ma a guardare i bilanci i ricavi continuano ad essere record. Meta ha chiuso il 2021 a 117,9 miliardi rispetto agli 85,9 del 2020. Per il 2022 le attese sono di 118,1 miliardi. Alphabet (Google) ha guadagnato 257 miliardi nel 2021: +40% sul 2020. L’ultimo dato disponibile per il 2022 è quello del terzo quadrimestre chiuso a 69 miliardi (+6% sullo stesso periodo dell’anno precedente). Amazon ha guadagnato nel 2021 469 miliardi, un fatturato quasi raddoppiato rispetto al pre-pandemia. Nel terzo trimestre del 2022 (ultimo dato) il ricavi sono saliti del 15%. Risultato? Licenziamento massicci. Certo è che il patto sociale fra le aziende dove l’imprenditore si prende il rischio e i grandi guadagni, ma preserva l’occupazione è storia di un altro secolo. Vediamo i numeri per capirli bene.

Chi non ricorda le drammatiche fotografie del crac di Lehman Brothers del 15 settembre 2008? I dipendenti che uscivano dalla sede di New York con gli scatoloni e la scritta «Iron Mountain» sono il simbolo della crisi mondiale della finanza partita dai mutui subprime. Quel giorno, secondo il documento sulla bancarotta della società nata da un negozio di cotone nel 1844 in Alabama, le persone che finirono per strada furono 25 mila. Solo negli ultimi mesi, a cavallo tra il 2022 e il 2023, le grandi società americane della tecnologia hanno buttato fuori 100 mila persone, 50 mila nelle ultime settimane. Da inizio 2022 il conto, secondo un documentato sito di statistiche sui licenziamenti, Layoffs.fyi, sale a 200 mila.

Chi sta tagliando

Meta, la società che gestisce la piattaforma Facebook, a fine novembre ha annunciato 11 mila posti in meno, il 13% del totale della forza lavoro. Google sta mandando a casa 12 mila persone nel mondo (lo ha annunciato con una semplice email del Ceo della società Alphabet, Sundar Pichai, dove si legge che «negli ultimi due anni abbiamo visto un periodo di crescita drammatica». Non è un refuso: quando si dice la forza della psicologia). Elon Musk, appena entrato in Twitter(7.500 dipendenti), ha annunciato di voler dimezzare la forza lavoro e ha iniziato a far spedire email per far sapere alla cerchia più stretta di collaboratori dei vecchi vertici che possono cercarsi un’altra occupazione. Senza contare che in molti hanno preferito andarsene da soli visto il nuovo clima aziendale. A poche centinaia di metri dalla sede di Twitter a San Francisco è difficile non notare da Market Street il grattacielo più alto della costa Ovest degli Stati Uniti, la piramide moderna di Salesforce, simbolo della potenza del CRM (sistema di gestione relazioni con i clienti). I tagli in questo caso sono 8 mila, il 10% del totale. Microsoft ha annunciato che entro il 31 marzo 10 mila dipendenti nel mondo non saranno più nei loro libri paga. Peraltro negli stessi giorni, come se fosse naturale, la stessa società ha annunciato un investimento di dieci miliardi di dollari in ChatGPT, la chat di intelligenza artificiale specializzata nella comprensione del linguaggio naturale dell’uomo. Spotify sta licenziando il 6% della propria forza lavoro mentre la musica è più ascoltata che mai. Coinbase, la piattaforma per le criptovalute, lascia senza scrivania 950 persone, il 20%. Stesso messaggio da Amazon, magnitudo diversa: 18 mila persone a casa, senza contare gli stagionali. La lista è lunga: Ibm, 3.500, Sap, 3.000. In sostanza tra i grandi colossi solo la Apple non ha annunciato tagli. Cosa sta succedendo?

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