Big Tech: utili record, ma licenziamenti di massa. A rischio un milione di posti di lavoro
Crisi finanziarie a confronto
I due scenari non potrebbero essere più diversi: la crisi del 2008 fu sistemica, paragonabile secondo lo stesso Ben Bernanke, allora alla guida della Federal Reserve, al crac del 1929. I titoli tossici costruiti su mutui a tasso variabile venduti a famiglie con scarsa capacità reddituale si diffusero come un virus, contaminando anche l’Europa. I 25 mila di Lehman Brothers divennero milioni in ogni settore, con un effetto a cascata. Ma se restiamo all’industria della finanza, secondo i dati Bloomberg nei 13 mesi successivi al collasso di Lehman il settore bancario perse 216 mila posti di lavoro. Solo il massiccio salvataggio pubblico, a spese dei contribuenti, evitò una crisi più ampia. Altro confronto: nel mese successivo all’11 settembre, il più grande atto di guerra sul territorio Usa, vennero tagliati 250 mila posti di lavoro, ma in tutto il mondo e accorpando diversi settori (tra cui l’aeronautica civile). Nulla di tutto questo si intravede nell’industria delle tecnologie: non c’è una crisi strutturale. Infatti gli utili sono in crescita. Perché dunque i licenziamenti?
Il settore e gli errori delle banche
Negli Stati Uniti il settore tecnologico è secondo, per impatto complessivo, solo all’industria della salute che essendo sostanzialmente privata ha un valore abnorme. Dà lavoro a circa 12,2 milioni di americani su un totale di occupati di quasi 160 milioni; poco meno del 10%, dunque, ma con un grande impatto.
Secondo il Bureau of Labour Statistics, l’ufficio statistico del lavoro negli Usa,l’assegno annuale medio del settore tech è di 97 mila dollari, quasi il doppio della media degli altri settori. Per avere un termine di paragone McDonald’s da sola ha 200 mila dipendenti ma la maggior parte di loro lavorano alla cassa per 28 mila dollari annui. Per avere un termine di paragone McDonald’s da sola ha 200 mila dipendenti ma la maggior parte di loro lavorano alla cassa per 28 mila dollari annui. Nelle cosiddette Big Tech come Facebook e Google, 120/130 mila dollari è il salario di ingresso per gli ingegneri.
Morale: i licenziati di questa industria hanno un peso specifico molto più alto rispetto a quelli degli altri settori in termini di Pil e consumo perso Negli Usa lo stipendio più alto non corrisponde a un risparmio personale più alto perché la propensione al consumo supera addirittura il reddito mensile grazie alla diffusione delle carte di credito. Nel 2021 il tech occupava un mercato pari a 1,6 trilioni di dollari. Nel 2022 siamo passati a 1,8 trilioni; il valore di Borsa però è enormemente più alto se si considera che la sola Apple ha una capitalizzazione di 2.300 miliardi dopo averne perso circa 1.000 nel corso del 2022. Gli investitori stanno fuggendo dalle Borse a causa delle valutazioni ipertrofiche delle Big Tech fatte dalle banche d’affari; anche se il paradosso è che queste aziende, proprio negli ultimi anni, hanno fatto i migliori affari grazie all’accelerazione nell’uso dei servizi tecnologici in seguito alla pandemia. L’utile netto di Alphabet nel 2021 è stato di 76 miliardi (40 nel 2020). Per Meta lo stesso valore è stato di 39,3 miliardi (29 nel 2020). Amazon ha avuto un profitto sempre netto di 33 miliardi (21 nel 2020). Microsoft ha portato a casa un utile netto nello stesso anno di 61,2 miliardi (44 nel 2020). Numeri non caramelle.
Gli effetti moltiplicativi
Il conto degli errori delle banche ora lo pagano non solo i 200 mila dipendenti degli ultimi 13 mesi, poiché una caratteristica dell’industria tecnologica è che alimenta un indotto più grande di se stessa, un pò come il settore automobilistico fatto di produttori di mille pezzi. Migliaia di sviluppatori di software free lance ne stanno subendo l’onda lunga. Ma non finisce qui. Esattamente dieci anni fa il professore dell’Università di Berkeley, Enrico Moretti, pubblicava «La nuova geografia del lavoro», un libro molto citato anche dall’ex presidente Usa, Barack Obama. La tesi: ogni nuovo posto di lavoro in campo digitale si porta dietro altri 5 posti di lavoro tradizionali di fascia medio bassa per ragioni molto pratiche. Dove si sviluppa un quartiere di aziende tech nascono servizi di base come ristoranti, bar, trasporti. Se la tesi vale anche al contrario vuol dire che sta arrivando uno tsunami occupazionale. Senza dimenticare i tanti che vivono grazie alla Gig economy, non tracciati dalle statistiche. Va detto che l’economia americana turbo-liberista è abituata a licenziare senza troppe attenzioni, salvo poi pentirsene. Alla Boeing e in tutto il settore dell’aviazione civile si stanno mangiando le mani per i tagli fatti durante la pandemia: si tratta di lavoratori non solo con alte competenze, ma molto costosi da formare per la vitalità delle procedure da rispettare. Oggi servono, ma sono difficili da trovare.
Ti licenzio con una email
È il caso di evidenziare una differenza fra le aziende della Silicon Valley e tutte le altre: loro hanno sempre raccontato di voler migliorare il mondo, di avere grande attenzione per i loro dipendenti (sala fitness e fisioterapista per massaggiare cervicali provocate da prolungate immobilità davanti ad un computer). Oggi, quegli stessi manager e fondatori mostrano la vera faccia, cinica e spietata: mentre continuano ad accumulare miliardi, i dipendenti li licenziano via email. Senza nemmeno dare il tempo di salutare i colleghi d’ufficio.dataroom@corriere.it
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