Scatta l’embargo sui carburanti della Russia il pieno di gasolio rischia un’altra impennata

Alberto Quarati

GENOVA. Da oggi scatta l’embargo dell’Unione europea all’importazione di prodotti petroliferi raffinati russi, dunque benzina ma soprattutto diesel. Con circa un milione di barili al giorno. L’Ue fino a oggi ha importato da Mosca oltre la metà del suo fabbisogno di gasolio, che in attesa della transizione energetica è il carburante che non muove solo 16 milioni di auto in Italia, ma la quasi totalità di camion e navi (e mezzi militari).

Assoutenti segnala che su alcune tratte autostradali il gasolio in modalità servito è già tornato a superare i 2,5 euro al litro; l’associazione lancia l’allarme su possibili ulteriori manovre speculative, ricordando, in una lettera inviata a ministero delle Imprese, Mister Prezzi e Antritrust, gli extraprofitti che le compagnie avrebbero realizzato nel 2022 (1,9 miliardi sulla benzina e 7,4 miliardi sul gasolio). Secondo i dati del ministero dell’Ambiente aggiornati a ottobre, a fronte di circa 19 milioni di tonnellate di gasolio vendute nel Paese fra autotrazione e altri usi, l’Italia ha importato dalla Russia 323 mila tonnellate di gasolio.

Arriverà la stangata sul diesel? Per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, non subito: «È molto probabile che la dinamica del gasolio segua quella del greggio, embargato dai Paesi europei dallo scorso 5 dicembre. Grazie alle scorte accumulate nei mesi scorsi e per effetto del meccanismo del price cap, applicato dai Paesi dell’Ue del G7, il mercato dovrebbe mantenere una sua stabilità». L’accordo impone ai Paesi che non applicano l’embargo al gasolio russo di non comprare questo prodotto da Mosca a un prezzo superiore a 100 dollari al barile: ed essendo come il greggio merce che viaggia via mare ed è assicurata in Europa, lo strumento coercitivo può funzionare, come oggi funziona per il greggio. Il gasolio russo, dice Tabarelli, peraltro è quotato a 80 dollari al barile, quindi sotto la soglia imposta da Ue e G7.

Quindi tutto bene? Nel breve termine. Perché, dice Tabarelli, il vero riassetto degli approvvigionamenti globali arriverà nel momento in cui la Cina, che paga ancora le conseguenze della politica zero Covid con una crescita del Pil (2022) tornata ai livelli degli anni ’70, rialzerà la testa: «Questo, combinato alla corsa agli approvvigionamenti a partire dall’autunno, sarà un fattore che potrà influire negativamente sui prezzi del diesel». Allora sì che bisognerà capire se ci sarà gasolio per tutti.

Enrico Paglia, Research Manager di Banchero Costa Network, società di servizi legati allo shipping, spiega come «con l’imminente divieto assisteremo in misura crescente ad una riorganizzazione del trade di prodotti petroliferi raffinati con la Russia, che dovrà trovare nuovi mercati per i propri prodotti, mentre l’Europa dovrà approvvigionarsi in maniera crescente dai nuovi Paesi esportatori. Il mercato sarà particolarmente stressato per il diesel, la cui dipendenza europea dalla Russia è storicamente molto forte e per il quale esistono soltanto un paio di nazioni con una capacità sufficiente a sostituirla».

Secondo la società inglese di consulenza sull’energia Fge, l’Europa sostituirà i flussi dalla Russia aumentando le importazioni dagli Stati Uniti e dal Medio Oriente: comunque, un viaggio più caro rispetto al prodotto russo, che arrivava via condotta oppure dai porti del Mar Baltico o del Mar Nero. Le navi in partenza da questi ultimi, benché la Russia stia già aumentando i volumi verso la vicina Turchia o il non distante Marocco, dovranno ora coprire molte miglia in più per vendere il prodotto: ringraziano gli armatori di navi cisterna, che come riporta Banchero Costa nel 2022 hanno già visto aumentare di 2,5 volte i noli per il trasporto dei prodotti. E se aumenta il prezzo del trasporto, aumenta anche alle pompe del distributore.

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