Meloni, la rammendatrice dei bastonatori

Marcello Sorgi

Ha un bel dire l’onorevole Meloni di voler costruire un grande partito conservatore, qualcosa che in Italia mai s’è visto, per renderlo protagonista in Europa già prima delle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo del 2024. La premier non a caso ha fatto di tutto finora per accreditarsi con i partner dell’Unione come alleata credibile. Anche ieri pomeriggio, a Berlino, ha cercato come poteva di assumere un atteggiamento persuasivo con l’incalzante Cancelliere Scholz. E di riportare la calma sulla scena nazionale, afflitta ancora dalle tensioni per il caso Cospito-Donzelli-Delmastro. L’appello all’unità che Meloni ha pronunciato sembrava scritto nel linguaggio del Quirinale, da cui sarà venuta preoccupazione per gli scontri degli ultimi giorni. Un tentativo di imporre l’immagine di una presidente del Consiglio calma, responsabile, consapevole del ruolo che ricopre.

Un compito del genere sarebbe certo meno difficile se la premier potesse svolgerlo senza fare ogni volta, quasi ogni settimana, un passo avanti e due indietro, risucchiata dalla necessità di mettere toppe alle imprevedibili uscite dei suoi collaboratori. L’ultima, appunto, è stata quella dei due “gemelli separati” Donzelli e Delmastro, protagonisti del nuovo corso di Fratelli d’Italia, considerati pupilli, o pupille degli occhi di Giorgia, come la chiamano loro. Due che sempre andavano in giro a vantarsi che per lei sarebbero stati pronti a gettarsi nel fuoco. Ma quando l’hanno fatto, martedì in Parlamento, c’è mancato poco che non la trascinassero nel rogo.

Al punto in cui sono le cose ormai non è poi decisivo – ammesso che sia possibile – sapere se sia partita da Palazzo Chigi la spinta al feroce attacco contro il Pd, fondato sulla divulgazione di documenti riservati riguardanti le connessioni tra l’anarchico Cospito che digiuna contro il 41 bis e mafiosi e ’ndranghetisti che condividono con lui il carcere duro e sperano di trarre vantaggi dalla sua protesta. Se cioè sia stata la stessa Meloni a incaricare Donzelli di scagliarsi contro gli avversari, sia pure senza immaginare di quale materiale si sarebbe servito il devoto coordinatore del partito, con l’aiuto dell’amico e coinquilino sottosegretario. Conta invece che la premier abbia dovuto affrontare le conseguenze delle imprese dei suoi fedelissimi, i bastonatori che nelle stesse ore in cui Meloni da Berlino invocava la tregua, ancora ci davano sotto con il Pd. Un partito che tra le sue vittime annovera Moro e La Torre, e non può certo essere accusato di complicità con terrorismo e mafia se ha fatto la fesseria di inviare in carcere a incontrare Cospito una delegazione che l’anarchico ha mandato a parlare con i criminali con cui condivideva il 41 bis.

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