Meloni, la rammendatrice dei bastonatori
Ma Donzelli e Delmastro sono solo gli ultimi – e presto saranno i penultimi – di una serie che sta accompagnando il lavoro della premier da quando è nato il governo. Un elenco che si allunga e procede con un ritmo cadenzato, tal che viene da chiedersi come mai i neofiti della destra, al posto di fare esperienza, metabolizzare il passaggio dalla lunga storia di opposizione da cui provengono ai nuovi compiti nevralgici a cui sono stati chiamati dagli elettori, giorno dopo giorno una ne fanno e cento ne pensano, incuranti dei guai che procurano alla loro leader. Dovrebbero imparare a tacere; e invece parlano. A tutte le ore del giorno in tv, o nel Transatlantico di Montecitorio, come se non avessero altro da fare. Dovrebbero lasciar correre, schivare le polemiche; e invece non se le lasciano scappare. C’è l’ “ideologo” sottosegretario alla presidenza Fazzolari che attacca la Banca d’Italia. C’è il presidente del Senato La Russa che tra il serio e il faceto – questa è la sua cifra – se la prende con il Capo dello Stato. C’è il ministro della Difesa Crosetto che invoca “il machete” per disboscare gli alti rami della burocrazia. C’è il ministro dello Sviluppo economico Urso che tratta con i benzinai, pensa di aver evitato lo sciopero e poi quelli scioperano lo stesso. Sono i campioni di uno sport inedito e sconosciuto, almeno fino a prima del 25 settembre: il “tiro alla Giorgia”. Mirano, tirano, sotto gli occhi degli alleati che quasi quasi si fregano le mani, e centrano la premier-bersaglio. A cui tocca dall’indomani mettersi pazientemente a rammendare.
LA STAMPA
Pages: 1 2