Tomasi: “Autostrade investirà 21 miliardi per rifare la rete più vecchia d’Europa”
Giuseppe Bottero, Paolo Festuccia
Era un martedì. Un maledetto martedì, quando il 14 agosto di cinque anni fa crollò il Ponte Morandi. Quarantatré le vittime. Una ferita che mai rimarginerà. Pochi mesi dopo Roberto Tomasi fu chiamato a tenere le redini dell’azienda. Manager interno, era il direttore Grandi opere di Aspi e, in quella veste, aveva diretto il completamento dell’Adriatica e l’apertura della Variante di Valico, una delle opere più complesse degli ultimi trent’anni. Quella del Morandi è «una di quelle ferite che segnano per sempre la storia di un’azienda». Poi venne il resto: «Come era potuto accadere, e una storia aziendale da ripensare e ricostruire».
Ecco, come è potuto accadere e cosa ci ha insegnato il crollo del Ponte Morandi.
«Dopo aver toccato il punto più basso, occorreva fare chiarezza e ripartire, mettendo al primo posto il nostro impegno per la sicurezza. In momenti simili devono prevalere l’analisi e il rigore tecnico. La radicale trasformazione aziendale era l’unica via per ridare valore alla storia di questo Gruppo e alle quasi 10mila persone che ci lavorano. Era necessario azzerare tutto, trasformare l’azienda e cambiare i manager a tutti i livelli della società. Un cambio di passo che ha visto il riconoscimento anche da parte del Tribunale di Genova».
Il vostro piano industriale prevede più di 21 miliardi di investimenti, tra manutenzioni, ammodernamento della rete e nuove opere. Perché è necessario mettere a terra grandi opere come la Gronda o il Passante di Bologna?
«In Italia il 56% della rete autostradale è stato realizzato prima degli anni Settanta. In Francia, in Germania e Spagna, invece, le grandi infrastrutture sono state realizzate per l’85% dopo gli anni Settanta. Questo significa che abbiamo uno dei sistemi viari più vecchi d’Europa, con un livello di complessità che gli altri non hanno: il 25% della rete nazionale è costituita da ponti e gallerie, a fronte di una media europea che è poco più del 3%. Il 50% delle gallerie d’Europa si trovano nel nostro Paese. Si tratta di un’infrastruttura dieci volte più complessa rispetto alle altre. Pensi che solo in Liguria ci sono 298 gallerie e 505 ponti in 400 chilometri di tratta autostradale: mediamente un ponte e una galleria per ogni chilometro percorso. Da qui l’esigenza di investire e rinnovare. Queste opere fondamentali hanno ritardato per molti anni, mentre i volumi di traffico hanno continuato a salire: è necessario agire ora, non solo per la nostra società, ma nel primario interesse del sistema-paese. Solo sulla rete Aspi ogni giorno entrano 4,5 milioni di persone: l’autostrada in Italia è l’arteria primaria degli spostamenti delle merci, l’88% dei volumi nazionali viaggia su gomma, contro un 3% del sistema ferroviario: questi dati restituiscono la dimensione esatta del tema cruciale delle infrastrutture».
A cominciare dalla Gronda e dal tunnel in Liguria. Ma quando saranno completate le opere?
«Per la Gronda ci vorranno dieci anni, ma Genova cambierà completamente volto: il progetto sposterà i traffici pesanti fuori dalla città, alleggerendo il carico di una rete satura. Per il tunnel si prevedono tempi più ridotti, circa cinque anni».
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