Sanremo, lo scudo del Quirinale: altri eventi pubblici seguiranno con al centro la difesa della Carta

Ugo Magri

ROMA. Grazie a Sanremo, la Costituzione fa tendenza. Tredici milioni di telespettatori sono stati sedotti da Roberto Benigni mentre martedì sera ne celebrava la bellezza non ancora sfiorita. La visita a sorpresa di Sergio Mattarella, per solennizzare i 75 anni della Carta, ha riscosso consensi social che si misurano nei quasi 800 mila like al selfie scattato da Chiara Ferragni col presidente, con Gianni Morandi, con Amadeus e con la figlia Laura (7 milioni e passa le visualizzazioni). L’ardito mix tra sentimento popolare e istituzioni, tra valori repubblicani e rassegna canora alla fine non ha deluso il capo dello Stato: tutti quanti gli hanno visto la felicità dipinta sul volto e anche l’emozione, specie quando Benigni con un colpo basso ha ricordato Bernardo Mattarella, il quale fu suo babbo ma anche padre costituente. Per cui ieri al Quirinale si respirava aria di soddisfazione o, se si preferisce ribaltare la prospettiva, di scampato pericolo; perché come tutte le prime volte anche quella di un presidente al teatro Ariston poteva rappresentare un rischio. Sarebbe bastato poco: una gag sopra le righe, una polemica fuori posto, una contestazione inattesa avrebbero sgualcito l’evento che invece è filato via liscio e resterà scolpito, se non nella storia d’Italia, almeno in quella del Festival.

Non le polemiche del consiglio d’amministrazione Rai, che lamenta di essere stato tenuto all’oscuro, e nemmeno le battute di Matteo Salvini (non gli piace la politica nel tempio delle canzonette) hanno turbato la serenità del Colle. Tornando indietro, lassù rifarebbero tutto daccapo e allo stesso modo. È falso, si precisa senza acrimonia, che Benigni avesse anticipato a Mattarella i contenuti del suo show; altrettanto falso che i vertici del servizio pubblico radiotelevisivo fossero stati tagliati fuori. Erano al corrente della visita ma, con molta correttezza, hanno tenuto la notizia segreta. Quanto alla tecnica del blitz, adottata da Mattarella, si è resa indispensabile per evitare i nidi di serpenti. A parte gli ovvi motivi di sicurezza, pubblicizzare in anticipo l’arrivo del presidente avrebbe scatenato una caccia alle poltrone di prima fila (anche per questo Mattarella si è rifugiato in un palco), con rimbalzi sul prezzo del biglietto accompagnato dal pressing di ministri e sottosegretari che avrebbero stravolto un cerimoniale volutamente semplice. La festa della Costituzione si sarebbe trasformata in una passerella di alti papaveri tradendo lo spirito dell’iniziativa di cui il conduttore Amadeus e il portavoce del Quirinale, Giovanni Grasso, ragionavano da mesi, chi dice addirittura da un anno.

Quanto alle critiche di Salvini, sono cadute nel vuoto come altre uscite del leader leghista in fase di luna storta. Nel governo nessuno gli ha dato seguito, idem nella maggioranza parlamentare; perfino la pubblicistica di centrodestra (salvo rare eccezioni) ha preso atto che la Costituzione non può diventare un bersaglio perché è patrimonio comune, appartiene a tutti senza distinzione di schieramento. Mattarella, che ne predica i valori, fa semplicemente il suo mestiere di Garante. Per l’attuale inquilino del Colle, la Costituzione del ’48 ha dimostrato di cavarsela egregiamente, tirandoci fuori dai guai quando l’Italia ha vissuto i suoi momenti più difficili. È viva e vegeta, ma soprattutto attuale.

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