Caso Cospito, a Nordio tre giorni per una decisione

FRANCESCO GRIGNETTI

ROMA. Il caso Alfredo Cospito è sempre lì, impossibile da aggirare per il governo. Non tanto perché ci sono diverse università in ebollizione – ieri sono state occupate l’Orientale di Napoli e la Statale di Milano – ma perché lo sciopero della fame dell’anarchico contro il 41 bis nelle carceri va avanti ad oltranza. Sono quasi 110 giorni di digiuno, aggravati nell’ultima settimana, da quando Cospito non assume più integratori, e va avanti solo ad acqua e zucchero.

Fra tre giorni, il 12 febbraio, scade il termine entro il quale l’istanza dell’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini dovrebbe avere una risposta dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Risposta che per il momento non c’è e tutto lascia pensare che non ci sarà. È nelle prerogative del ministro, infatti, lasciar cadere l’istanza e mantenere immutato il regime carcerario. La settimana prossima, poi, il 15, Nordio sarà di nuovo in Parlamento per spiegare gli ultimi passi. E poi il 24 febbraio la parola toccherà alla Cassazione.

Il Guardasigilli dovrà aggiornare le Camere su quanto successo dopo il 1° febbraio, quando ha già fatto una prima relazione. Dovrà districarsi tra i vari documenti che nel frattempo gli sono arrivati dalla magistratura. Nell’ordine: Superprocura, Distrettuale della procura di Torino, procura generale di Torino, magistrati di Sorveglianza.

Ed è proprio tra le pieghe dei diversi documenti che Nordio avrebbe un appiglio onorevole per decidere il cambio di regime. C’è infatti una notevole difformità di vedute tra procura generale di Torino e Superprocura antiterrorismo. I due uffici valutano all’unisono la «pericolosità sociale» del terrorista anarchico, ma divergono sull’analisi dell’effervescenza anarchica nelle ultime due settimane e il potenziale ruolo di Cospito.

Il pg Francesco Saluzzo ritiene che Cospito ha continuato ad agire da «apologeta e istigatore dell’associazione eversiva», e anzi sarebbe divenuto con la sua protesta estrema il «catalizzatore» dei tanti gruppi del mondo anarco-insurrezionalista che a lui guardano ormai come «a un riferimento». Perciò, conclude il procuratore generale, Cospito ha da rimanere al carcere duro.

Il parere del procuratore nazionale Giovanni Melillo è molto più problematico. Invita l’autorità politica a una valutazione ponderata dell’evoluzione in atto del fenomeno, ossia «la decisa moltiplicazione dei documenti e degli strumenti di elaborazione ideologica – come rivela il Corriere della Sera – e dei canali decisionali delle conseguenti iniziative violente».

È trasparente la conclusione a cui tende la Superprocura: Cospito non può più comunicare con l’esterno da almeno 8 mesi, eppure gli anarco-insurrezionalisti non sembrano affatto decapitati; quindi è ben difficile sostenere che ci sia lui al vertice della galassia. Ciò a prescindere dalla considerazione che gli anarchici sono per definizione orizzontali e non verticali.

La Superprocura è in linea con la Distrettuale di Torino quando segnala i «caratteri di complessità ed eterogeneità della comunicazione tra le diverse aree insurrezionaliste, emerse dall’aggiornata analisi della natura e dell’andamento dei fenomeni».

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