L’incertezza di Meloni fa correre Francia e Germania
Alessandro de Nicola
Forse i lettori ricorderanno che il 26 novembre del 2021, Italia e Francia firmarono il Trattato di Cooperazione Rafforzata, meglio noto come Trattato del Quirinale. L’accordo fu esaminato con molto interesse in tutta Europa, in quanto fu visto come un prodromo a un’Europa più equilibrata, il cui motore propulsivo è sempre stato l’Asse Franco-Tedesco, forgiato sin dal tempo del Patto dell’Eliseo di cui domenica 22 gennaio si è celebrato il 60mo anniversario. Orbene, oltre ai solidissimi legami storici e culturali, i due Paesi cugini hanno in comune anche importanti rapporti economici. L’Italia è il terzo mercato di esportazione per la Francia, così come è il suo terzo fornitore di beni. L’Esagono è il primo investitore straniero nel Belpaese ma la presenza è reciproca, non unidirezionale: ci sono 1.700 aziende italiane attive in Francia e 3.000 francesi da noi. Gli interessi strategici si sono ulteriormente rafforzati a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e i recenti contrasti che sono emersi, ad esempio sulla gestione della crisi libica, sono oggi attenuati nonostante le schermaglie sul tema dell’immigrazione.
In effetti, il Trattato ha come scopo quello di instaurare una vera partnership strategica tra le due nazioni in vari settori: difesa, istruzione, cultura, ambiente, università, sorveglianza dei confini, spazio, industria, pubblica sicurezza, affari esteri. In altre parole, Roma e Parigi dovrebbero muoversi in modo sempre più coordinato e integrarsi in molti settori. L’ambasciata francese ha pubblicato il 26 novembre del 2022 un rapporto entusiastico sui passi in avanti compiuti a un anno dalla firma dell’accordo che, tuttavia, pur se approvato dai parlamenti non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale.
Bien, et alors? Orbene, il 19 gennaio è stata annunciata la firma a Barcellona del Trattato di amicizia e cooperazione Franco-Spagnolo che ricalca in buona parte quello del Quirinale ma che aggiunge qualcosina in più. Ad esempio, i due Paesi si impegnano a fare delle loro lingue nazionali le seconde più studiate dopo l’inglese. Per la verità la cosa ha senso, vista la diffusione sia dello spagnolo sia del francese nel mondo, ma questa presa d’atto relega la cultura e la lingua italiana – che sconta anche la concorrenza tedesca- molto in basso. Inoltre, la rinnovata amicizia tra Madrid e Parigi si concentra immediatamente su due obiettivi concreti: un condotto per l’idrogeno tra Barcellona e Marsiglia e una risposta comune all’Inflation Reduction Act statunitense che, aumentando incentivi e protezioni per l’industria green americana, mette in difficoltà quella europea. Il nostro Trattato del Quirinale, intanto, nonostante l’ottimismo transalpino sembra un po’ in stallo. Con una di quelle frasi infelici che ancora punteggiano la sua politica estera, la premier Meloni ha infatti dichiarato nella conferenza stampa di fine anno che i contorni del Trattato non le erano ancora chiarissimi e che si riservava «di valutare se il trattato è operativo o non è operativo e sulla base di questo» decidere «come andare avanti». Tredici mesi dopo la firma? Mah.
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