Tensioni e trappole
Viene naturale difendere l’onore italiano offeso dal presidente francese, ma sottolineare lo sgarbo finisce anche per accentuare l’immagine di collateralità rispetto ai grandi alleati europei
Parlare di Italia isolata e umiliata per l’esclusione dal vertice di Francia e Germania con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è fin troppo scontato. Forse è un po’ semplicistico anche accreditare una presunta marginalità del nostro Paese in Europa evocando le polemiche delle settimane scorse tra Roma e Parigi, o il fatto che il governo sia guidato dalla destra. Certo, stupisce una lite sul palcoscenico continentale con una nazione con la quale è stato sottoscritto da pochi mesi un patto di collaborazione; e a poche ore dall’apertura di un Consiglio europeo. Ma le responsabilità sono ben distribuite.
Le tensioni vanno sommate, senza però essere scelte in maniera strumentale. La verità è che, tranne rare parentesi come quella del governo di Mario Draghi, il nostro Paese ha sempre cercato di inserirsi come terzo interlocutore nell’asse franco-tedesco. Ma raramente ci è riuscito. Lo stesso ex presidente della Bce, quando era a Palazzo Chigi, in qualche occasione ha faticato a farsi ascoltare. E i «dispetti» dei cugini francesi non sono mai mancati. Semmai, c’è da chiedersi se la reazione puntuta di Giorgia Meloni, che ha additato il rischio di una spaccatura del fronte anti-russo in Europa, sia stata la più meditata.
È probabile che aumenti la sua popolarità elettorale, perché viene naturale difendere l’onore italiano offeso dal presidente francese Emmanuel Macron. Ma sottolineare lo sgarbo finisce anche per accentuare l’immagine di collateralità rispetto ai grandi alleati europei. Risospinge l’esecutivo in un girone dei sorvegliati speciali dal quale, in realtà, in questi tre mesi e mezzo non è mai entrato o rimasto. E ripropone una maggioranza sospettata di esitazioni sulla politica estera; e un Paese spaccato sulle alleanze internazionali più di quanto non sia, con le opposizioni che puntano il dito accusatore.
Le parole di Zelensky, che ha precisato di avere deciso con Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz «cose che non possiamo annunciare», accentuano l’impressione di un «primo cerchio strategico» dal quale gli altri Paesi europei sarebbero esclusi. E questo sta creando malumori comprensibili e diffusi che vanno oltre Palazzo Chigi e i confini italiani. Affiorano perfino in alcune istituzioni europee che si sono sentite tagliate fuori. Per questo i danni potrebbero risultare superiori alla realtà dei fatti: soprattutto se l’episodio dovesse modificare una strategia della prudenza e della rassicurazione che finora ha funzionato, sebbene con esiti controversi. Di certo, la cautela con la quale la premier, al contrario di qualche ministro, si è mossa in materia di bilancio, ha evitato tensioni sui mercati finanziari e attriti con la Commissione europea. E la fermezza atlantista di fronte all’aggressione russa all’Ucraina le ha conferito agli occhi della Nato una credibilità a prova di sospetti.
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