Tensioni e trappole

Il tema, semmai, riguarda la percezione di sé che la maggioranza ha cercato di imporre in questi mesi al potere. C’è da chiedersi se avere enfatizzato il cambio di stagione e di statura geopolitica sia stata una buona idea. E se contrapporre al proprio una serie di governi del recente passato raffigurati come proni ai «desiderata» europei non sia stata un’esagerazione foriera di equivoci e malintesi. Nella coalizione che ha prevalso il 25 settembre, ma anche tra le opposizioni, ci sono forze che sulla contrapposizione all’Europa «matrigna» hanno costruito miti di complotti a scopo elettorale e autoconsolatorio.

Guardando agli ultimi anni di storia, c’è stata nel 2011 la crisi del governo di Silvio Berlusconi, sostituito da quello del tecnico Mario Monti: un passaggio trasformato nella narrativa del centrodestra in una congiura delle cancellerie occidentali. E nel 2016 Matteo Renzi, allora segretario del Pd e premier sulla cresta dell’onda, tolse polemicamente la bandiera europea dallo sfondo delle conferenze stampa: era la sua protesta per il modo in cui i vertici dell’Unione resistevano a una legge di Bilancio che avrebbe squilibrato i parametri del patto di Stabilità.

L’onda dei populismi ha seguito e accentuato lo stesso canovaccio. In tutti questi casi, non era chiaro quanto fossero intrecciati calcoli di politica interna e vincoli esteri. Anche nell’incidente di ieri, le due questioni sono impastate in modo inestricabile: in Italia e in Francia. E forse non potrebbe essere che così, perché la politica europea è una proiezione di quella interna, e viceversa. L’aspetto irritante per Palazzo Chigi è che lo scontro non è con le istituzioni europee ma con un Paese alleato.

Rimane l’obbligo di ricucire, per tutti. Ma forse in prima battuta per l’Italia. Non perché abbia dei torti, ma perché deve negoziare due dossier spinosi come l’accoglienza dei migranti, tema annoso e non limitato alla Francia; e una complessa e non scontata modifica del Piano per la ripresa, con la questione degli aiuti dello Stato sullo sfondo. Rivendicare il nostro ruolo continentale, senza esagerarlo ma anche senza permettere che sia sminuito, è il modo migliore per riaffermarne la specificità e l’importanza. Ed evitare di cadere nella trappola delle provocazioni, e di infilarsi in una sterile spirale di ritorsioni.

CORRIERE.IT

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