Cerotti come in gioielleria e alcuni farmaci costeranno il 100% in più: ecco l’elenco di tutte le medicine coinvolte

Sono meno eclatanti, ma comunque consistenti, gli aumenti che hanno colpito pillole e flaconi più popolari. Il paracetamolo, ossia la Tachipirina, nella versione da 100 mg prodotta dalla Sandoz in confezione da 7 flaconcini iniettabili, è salita da 78,54 a 87,96 euro, per un esborso maggiorato di quasi 10 euro. Il domperidone, sempre della Sandoz, nella scatola da 30 compresse da 10 mg, farmaco ben noto a chi soffre di bruciori di stomaco, nausea e vomito, da 5,50 è salito a 6,33 euro. Il potente antidolorifico Toradol, nella scatola con 10 pillole da 10 mg è passato da 13,40 a 14,20 euro. Il Muscoril, 38 compresse da 4 mg, è aumentato di un euro salendo a 19,85. E così via.

Ma gli aumenti non finiscono qui. Perché ritocchi all’insù li hanno subiti anche i cosiddetti “Otc” (Over-the-counter), ossia i farmaci da banco sempre a carico dell’assistito, acquistabili però senza ricetta. Parliamo di medicine come l’Aspirina, il Voltaren, il Buscopan, la Rinazina e la Tachipirina in compresse. Qui i dati anticipati a La Stampa dall’Istat segnalano un incremento dei prezzi del 5,1%. Ma contrariamente ai medicinali di fascia C questi possono aumentare in qualsiasi periodo dell’anno. E infatti, sempre secondo l’Istat, l’aumento medio nel 2022 è stato del 2,9%. E parliamo di un mercato che vale altri 2,3 miliardi, insieme a quello dei “Sop”, i medicinali a pagamento e senza obbligo di ricetta, ma questa volta dispensabili su consiglio del farmacista. Qui per il muro alzato da Aifa non fornendo i dati è stato impossibile analizzare gli aumenti per singoli prodotti. Ma per categorie di medicinali sì, grazie ai dati elaborati per noi da IQVIA, il provider globale di dati, analisi e ricerca clinica in ambito sanitario e farmaceutico. Nel caso dei prodotti per la tosse e il raffreddore, nel 2022 l’aumento medio del prezzo è stato del 4,6%, mentre per quanto riguarda gli analgesici, l’aumento medio è stato dello 0,8%. Per entrambe queste categorie sono però aumentate le vendite a causa del picco influenzale: di prodotti per tosse e raffreddore se ne è venduto il 35% in più, degli analgesici quasi il 12%.

Gli integratori (vitamine e minerali) hanno visto un aumento di prezzo medio del 2% e un incremento delle vendite del 6%. Per quanto riguarda l’igiene orale (dentifrici e collutori), il prezzo è salito del 6%; del 5,1% sono aumentati i prodotti dermatologici e dell’1,8% quelli oftalmici.

Tirando le somme è chiaro che la stangata sarà più o meno forte a seconda dei medicinali di cui si fa uso. Ma gli aumenti non peseranno per tutti allo stesso modo: secondo i dati dell’Osservatorio sulla povertà sanitaria in una famiglia povera la spesa per i medicinali assorbe ben il 62% di quella complessiva dedicata alla salute. Nelle famiglie messe meglio il 43%. Una riconferma, se ce ne fosse bisogno, che l’inflazione non è mai uguale per tutti.

LA STAMPA

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