È boom di auto elettriche, ma ora gli ambientalisti le combattono

L’Inflation Reduction Act o Green Deal di Biden è un perfetto esempio delle contraddizioni di cui siamo prigionieri. Da un lato tenta di ridurre lo schiacciante monopolio cinese nelle tecnologie verdi – batterie elettriche o pannelli fotovoltaici – d’altro lato la stessa Amministrazione Biden cede alle pressioni di alcune lobby ambientaliste e dissemina ostacoli contro lo sfruttamento di risorse locali. A cominciare da terre rare e minerali strategici usati nelle batterie o nei pannelli solari. Con una mano Biden dà ordine al suo Dipartimento di Energia di finanziare per 700 milioni un progetto per il litio nel Nevada, 300 milioni per una fabbrica di grafite in Louisiana. Ma con l’altra mano Biden autorizza il suo ministero dell’Interno a bloccare una nuova miniera di rame, nickel e cobalto in Minnesota.

Sono tutti minerali e metalli indispensabili per le batterie elettriche. Per adesso vengono estratti per lo più in paesi emergenti, poi lavorati e raffinati in Cina: quindi per il tipo di processi industriali usati in quei paesi, inquinano molto più che se facessimo le stesse cose a casa nostra; però l’inquinamento avviene “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, quindi per gli occidentali il problema non esiste. Tant’è, l’America è spaccata in due sulle attività minerarie: è possibile procedere speditamente con nuovi progetti di estrazione solo in quegli Stati Usa dove governano i repubblicani, e dove spesso già esistono industrie minerarie con antiche tradizioni.

Un caso tipico è il Nebraska, dove di recente è stato avviato un nuovo progetto di estrazione di terre rare tra cui titanio scandio e niobio. Il governatore del Nebraska è il repubblicano Jim Pillen, l’industria mineraria è ben radicata nello Stato, e la popolazione locale considera un “dovere patriottico” approvare l’estrazione per emanicparsi dalla Cina.

Ben diverso è il messaggio che viene dalla California, culla dell’ambientalismo moderno. Gli ecologisti californiani ebbero un ruolo pionieristico negli anni Settanta. Oggi molti di loro abbracciano le versioni più estremiste di quella che sembra diventata la religione dell’anti-sviluppo. Un esempio eclatante viene da un nuovo rapporto intitolato “Achieving Zero Emissions with More Mobility and Less Mining”. Lo hanno redatto accademici della University of California riuniti sotto l’egida del Climate + Community Project. Avrà sicuramente un’influenza considerevole, come tutti i proclami ambientalisti che vengono dalla California. Questo Rapporto contiene una vera e propria dichiarazione di guerra contro l’auto elettrica. Partendo da considerazioni ovvie: l’auto elettrica non è affatto a zero-emissioni, molti suoi componenti per essere prodotti richiedono attività inquinanti, a cominciare appunto dai metalli e terre rare, per finire con la costruzione della rete distributiva (i caricatori).

L’elenco dei misfatti dell’auto elettrica è arcinoto a chi l’ha studiata da vicino. Ma fino a un’epoca recente mettere in evidenza “l’impurità” dei veicoli elettrici era un tale tabù, che il regista Michael Moore subì un linciaggio sui social e una vera e propria censura da parte del pensiero unico ambientalista, quando realizzò un documentario sul lato oscuro della transizione a un mondo di Tesla. Le contraddizioni non riguardano solo l’America.

Di recente la Svezia ha annunciato la scoperta di nuovi giacimenti di terre rare, il deposito più ricco di tutta l’Europa. La società svedese incaricata di sfruttare queste risorse, la Luossavaara-Kiirunavaara Aktiebolag, o Lkab, potrebbe effettuare l’estrazione e la lavorazione riducendo al minimo le emissioni carboniche: il Nord della Svezia abbonda di energie rinnovabili, dall’idroelettrica al nucleare all’eolico. Estrarre e manipolare terre rare in Svezia inquina di sicuro molto meno che farlo in Cina. Però l’industria mineraria viene ostacolata lo stesso: è comunque “sporca”, e poi c’è l’inquinamento acustico, insomma a nessuno piacere averla in casa propria.

È così che tra contestazioni, consultazioni con la popolazione locale, test tecnici e permessi, le previsioni svedesi parlano di almeno 10 – 15 anni per attingere a questo nuovo deposito. È evidente la sintonia tra i problemi della Svezia (la terra di Greta Thunberg) e il Rapporto californiano citato sopra, frutto degli accademici che si sono nominati i guardiani della purezza del movimento ambientalista. Se sono contrari all’auto elettrica, che cosa propongono come alternativa? Un mondo popolato di pedoni, di biciclette, e di treni, è la loro idea della mobilità. Un’idea molto tipica da “ZTL”, da privilegiati che abitano in centri urbani ben serviti dai mezzi pubblici. Più realisticamente, se vince questa nuova crociata delle frange più estremiste dell’ambientalismo, significa che saremo schiavi più che mai delle autocrazie e dei loro monopoli.

CORRIERE.IT

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