Il Pnrr e la sfida degli investimenti

Stefano Lepri

Il governo Meloni si era guadagnato credibilità in Europa con una legge di bilancio prudente. Rischia di giocarsela se non saprà condurre bene la trattativa, ora finalmente avviata, sulle nuove regole di bilancio, ovvero sul Patto di stabilità. Non dovrà dare l’impressione che di regole ne voglia il meno possibile. Non era stata una buona mossa, l’altroieri, saggiare per prima cosa se il ritorno in vigore del Patto potesse essere rinviato dal 2024 al 2025. Ora ci si muove con obiettivi all’apparenza più ragionevoli, quanto adattare le regole alla situazione di ciascun Paese, in quale modo aprire spazio agli investimenti. Occorre al più presto formulare proposte costruttive sulle quali cercare alleanze tra gli ormai 20 Stati dell’euro. Guai se il governo italiano darà l’impressione di cercare cavilli perché le regole siano il più possibile lasche o impossibili da applicare; facendo sospettare che dopo l’inevitabile rifiuto si metterà a strillare contro l’Europa cattiva a uso di propaganda interna. Purtroppo molti italiani, e non soltanto nell’attuale maggioranza di governo, attribuiscono all’austerità imposta dal Patto la fiacca prestazione dell’economia nell’ultimo decennio. È un errore di visuale connesso all’importanza spropositata che ha qui la spesa pubblica nel perpetuare il consenso ai partiti politici e ai gruppi di interesse.

Una austerità pesante come quella adottata dopo la crisi del 2011 oggi è rigettata anche da chi allora la propugnava. Eppure il Portogallo, a cui la «Troika» impose sacrifici più duri di quelli del governo Monti, se ne è riavuto bene; a differenza dell’Italia supera i livelli di benessere pre-crisi. Perfino la Grecia, alla quale fu somministrata una dose feroce, oggi se la cava circa come noi. Le colpe del ristagno dell’economia italiana stanno tutte dentro i nostri confini. E la nostra insofferenza per le regole non è condivisa da nessun altro governo. Va cambiato il vecchio Patto, ora sospeso, che per un verso stabiliva obiettivi ardui da raggiungere, per un altro li ha immersi in una procedura affidata un po’ ad astrusi calcoli econometrici, un po’ a clausole discrezionali. La bozza di riforma avanzata mesi fa dal commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni è in alcuni punti poco chiara, non entusiasma, ma al nostro Paese può giovare, come ha ben spiegato ieri la Banca d’Italia. Alla Germania piace pochissimo, ma ieri, con una svolta interessante, il ministro delle Finanze Christian Lindner l’ha accettata come canovaccio per la discussione.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.