«Così l’Ucraina potrà sconfiggere la Russia»: le parole di 4 super-generali

di Federico Rampini

Di che cosa ha bisogno l’Ucraina per vincere? Pazienza strategica da parte nostra, con tutto quello che richiede anche nel rilancio delle nostre capacità militari. Precise garanzie per la sicurezza futura dell’Ucraina: promessa di adesione alla Nato o qualcosa di simile. Un Piano Marshall per la sua ricostruzione. Un’offensiva diplomatica globale per sganciare da Putin i «non allineati» dell’Asia Africa Sudamerica. Più armi e una logistica adeguata per arrivare a minacciare il controllo russo anche sulla Crimea. Riforme interne contro la corruzione. Sono alcune idee offerte da quattro generali molto autorevoli, due americani, un canadese, un australiano. Tutti e quattro hanno alle spalle carriere operative di spicco, e oggi lavorano in compiti di consulenza (per cui hanno maggiore libertà di parola). I due statunitensi sono celebri per il pubblico italiano, gli altri due sono considerati tra i massimi esperti strategici in campo alleato. Li ho sentiti nell’ambito di un’iniziativa dell’Atlantic Council di Washington. Sono David Petraeus e Wesley Clark (Usa), Rick Hillier (Canada), Mick Ryan (Australia). Qui trovate un mio riassunto delle loro analisi, che vi dà «lo stato dell’arte» del dibattito strategico occidentale a un anno dall’invasione russa.

Wesley Clark fu il capo delle forze Nato durante la guerra del Kosovo alla fine degli anni Novanta, fu anche brevemente candidato alla nomination democratica per l’elezione presidenziale. È convinto che la posta in gioco è immensa per tutti noi, «siamo a una svolta nella storia mondiale, a seconda se l’Ucraina vince o perde, il nostro futuro sarà molto diverso». Clark sgombra il campo dal dibattito sul presunto errore che l’Occidente avrebbe fatto compattando Cina e Russia tra loro. «Non è possibile scegliere se affrontare la Russia oppure affrontare la Cina, in alternativa. Ambedue queste superpotenze vogliono smantellare l’ordine mondiale; sono collegate tra loro. E un nostro successo in Ucraina avrebbe un effetto deterrente sulla Cina». L’errore che abbiamo fatto è un altro, secondo lui: «Abbiamo rinunciato fin da principio ad una escalation verso il dominio strategico». L’allusione è alla scelta di Joe Biden e di tutta la Nato, di escludere l’imposizione di una no-fly zone per interdire lo spazio aereo ucraino ai missili russi; o in generale la rinuncia preventiva a un intervento diretto della Nato che avrebbe potuto cambiare i calcoli di Putin. Clark è preoccupato per le «incertezze europee». Ritiene che con la nostra cautela abbiamo «spostato il centro di gravità di questo conflitto dentro la testa di Putin, per cui la guerra finirà solo quando lui si convincerà finalmente che non può prevalere». Perciò dobbiamo attaccare Putin «da tutte le angolature possibili». Clark stila questo elenco. Sul piano economico dobbiamo ancora intensificare le sanzioni. Su quello legale dobbiamo preparare il terreno perché Putin sia giudicato per crimini di guerra. Su quello diplomatico dobbiamo incalzare il mondo dei non allineati. Sul terreno militare è urgente dare all’Ucraina armi di lunga portata, inclusi i caccia. Conclude osservando che «arrivare a minacciare il suo controllo della Crimea è essenziale per costringere Putin al tavolo di negoziato».

Il generale David Petraeus è stato capo delle forze multinazionali sia in Afghanistan che in Iraq, nonché capo della Cia. Vede una «estrema urgenza di approvvigionare l’Ucraina con nuove armi e munizioni, perché l’offensiva russa in corso è una minaccia seria». Non basta mandare gli aiuti militari, bisogna accompagnarli con tutta la logistica in senso lato: manutenzione, componenti, munizioni, addestramento in profondità. L’obiettivo è resistere per poi lanciare a maggio-giugno una controffensiva che prenda di mira in modo particolare la Crimea. I militari ucraini vanno accompagnati in una transizione dai vecchi arsenali sovietici (che conoscono) ai nuovi armamenti occidentali, è una riconversione che richiede investimenti importanti nella loro formazione. Petraeus vede la necessità di discutere subito sul Piano Marshall per la ricostruzione, «probabilmente da gestire in seno al G7». Va messa all’ordine del giorno anche la sicurezza futura dell’Ucraina. «Perfino Henry Kissinger ha cambiato parere e ora è favorevole al suo ingresso nella Nato». Se l’adesione alla Nato dovesse incontrare ostacoli (per esempio le obiezioni di qualche membro europeo o un veto della Turchia), per Petraeus non bisogna perdere tempo e passare all’alternativa: «Mettere insieme una coalizione dei volenterosi, tutti quei paesi che sono disposti sotto la guida degli Stati Uniti a fornire subito delle garanzie formali di difesa militare dell’Ucraina», con trattati bilaterali o multilaterali ad hoc.

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