Massimo Cacciari: “Se gli elettori disertano le urne, c’è un problema di legittimità del voto”

Andrea Malaguti

Professor Cacciari, l’Italia si è definitivamente melonizzata?
«Assolutamente no».

Ha vinto a mani basse.
«Veramente il dato eclatante, sul quale non ci si sofferma con la necessaria radicalità, è la dimensione, questa sì straordinaria, dell’astensionismo. Come si fa a dire che l’Italia si è melonizzata se nelle due regioni più importanti del Paese va a votare un avente diritto su tre? Un fenomeno di portata talmente rilevante da porre un problema di legittimità del voto».

Ha vinto ma non vale?
«Ovvio che vale. Il punto non è la legittimità formale, ma quella politica sostanziale. Che cosa faremo quando si recheranno alle urne solo i candidati?».

Un paradosso?
«Una tendenza. Se fossi un leader che ha vinto in queste condizioni direi: considerato lo scollamento tra la domanda e l’offerta politica, sento questo mio successo come infondato e mi adopererò perché in futuro non capiti più».

Scenario angosciante. Ma perché la fuga dalle urne?
«In questo caso perché non c’era partita. La sinistra non esiste. E la gente non va allo stadio se sa già il risultato».

Enrico Letta ha spiegato al New York Times che Meloni stupisce tutti per scelte e capacità.
«Avrà stupito lui che abitava altrove».

Feroce.
«Meloni cresce da anni. Nella sua alleanza è stata brava a superare e a mettere all’angolo non tanto le posizioni fasciste, quanto quelle salviniane, che, per quello che mi riguarda, sono molto più indigeribili. E ha anche dimostrato la capacità di superare le contraddizioni con i poteri forti europei. Per altro, a differenza del Pd, è riuscita a dare struttura e organizzazione al suo partito».

Secondo il sottosegretario Fazzolari il segreto di Meloni sarebbe un altro.
«Cioè?».

Lo ha svelato orgogliosamente al Foglio: gli Usa e la Cia stanno con la premier.
«Al massimo è la premier che sta con gli Stati Uniti e con la Cia. Ma questo va da sé. Un paese che non è leader in Occidente con chi vuole che stia?».

Con la Nato, gli Usa e l’Ucraina senza se e senza ma?
«Esatto. Il ragionamento di Meloni è fatto al 70% di realismo e di pragmatismo. Poi mi auguro che, sottotraccia, anche la premier cerchi di vedere se esistano margini per uscire dalla crisi prima del disastro».

Nucleare?
«Secondo lei?».

Vede una soluzione?
«Il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina e contestualmente un referendum in Crimea e Donbass sorvegliato dall’Onu. Fine. Tra i diritti umani non esiste anche quello dell’autodeterminazione dei popoli?».

Il sottosegretario Fazzolari dice anche che Washington ci sostiene considerandoci l’unico interlocutore davvero affidabile.
«Puttanate. Stupidaggini propagandistiche. Certamente Meloni ha giurato fedeltà al programma di Draghi e ha come obiettivo quello di rassicurare non solo gli Usa e la Nato, ma anche i popolari europei».

Obiettivo che Berlusconi ha smarrito. È diventato ghandiano o putiniano di ferro?
«Suppongo abbia nostalgia dei rapporti felici che aveva con l’oligarca e con il regime di merda che aveva messo in piedi nella povera Russia. Ma sono questioni che riguardano solo lui e non mettono in crisi nulla e nessuno. Se la fu, fu, fu, fu sinistra ne ride non ha capito quello che sta succedendo».

Meloni corre indisturbata verso il partito unico della destra?
«Certo. Ma non solo. Meloni vuole spingere anche tutti i dittatorelli ex fascisti ungheresi, polacchi, bulgari, sloveni o croati, verso una grande destra europea che si allei al Ppe. Un disegno ambizioso, altro che Le Pen. Ma quelle volpi della sinistra non se ne rendono conto e continuano a sparare contro Berlusconi».

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