Il dilemma che torna per il Pd
Non sapendo come ripartire dagli ultimi, la sinistra potrebbe ripartire da Ultimo. La suggestione di Goffredo Bettini, davvero l’ultimo ingraiano rimasto, ricorda al suo partito che per riconnettersi con il popolo anche le canzonette possono servire. Ma sembra una metafora perfetta del dilemma del Pd. In particolare di quella sua parte che nella battaglia congressuale si definisce più di sinistra, ascrive a un’eccessiva moderazione i recenti guai elettorali, e propone dunque una radicalizzazione del messaggio politico.
Due vicende recenti, il caso Cospito e il caso Sanremo, spiegano bene perché questa operazione non è facile, e anzi possa dare risultati opposti a quelli sperati, al limite dell’autolesionismo. Non sorretta infatti da convinzioni forti e da un pensiero politico, si trasforma in una radicalizzazione senza principi, un’agitazione vuota, che peggiora le cose per sé e migliora le chance dell’avversario.
Nella vicenda del capo anarchico, per esempio, grazie all’iniziativa di massimi dirigenti come Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia, il Pd è parso chiedere un allentamento, o addirittura l’eliminazione del regime di carcere duro per il detenuto. Intendiamoci: sarebbe legittimo e forse perfino utile che una forza di opposizione si ergesse in difesa delle libertà costituzionalmente garantite, che valgono per tutti. Ma il Pd non ha fatto questo.
Non ha chiesto l’abolizione del 41 bis per tutti, mafiosi compresi. Ha lasciato solo capire che sarebbe bene toglierlo a Cospito. Forse perché è un anarchico e non un camorrista? Forse perché a differenza dei capi di Cosa Nostra sta facendo uno sciopero della fame? Il colpo basso sferrato in aula dai Fratelli d’Italia è stato giustamente condannato: non si può davvero accusare il Pd, il partito degli eredi di Pio La Torre, di intendersela con i mafiosi. Ma l’ambiguità del messaggio uscito da quella visita in carcere, che certo non era fatta agli «ultimi» ma anzi a una qualificata rappresentanza dei primi delinquenti d’Italia, ha in ogni caso regalato un «momento Thatcher» a Giorgia Meloni alla vigilia delle elezioni regionali, consentendole di presentarsi come la sentinella di «legge e ordine».
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