Pazienti contro medici: è boom di cause e denunce in Tribunale, ma solo uno su cinque ottiene il risarcimento

Paolo Russo

Che tra medici e pazienti non ci sia più quel rapporto di fiducia che c’era una volta lo si è capito da un bel po’. La riprova viene dal fatto che nei tribunali italiani sono accatastate circa 300 mila cause contro medici e strutture sanitarie pubbliche e private, dicono i numeri presentati a Roma all’incontro su qualità e sicurezza nelle sale operatorie, organizzato dall’Acoi, la società scientifica dei chirurghi ospedalieri.
Ogni anno si contano trentacinquemila nuove azioni legali, ma solo nel 15 % dei casi viene accertata la responsabilità del medico e la liquidazione in questi casi è del 30 % rispetto alle richieste spesso stratosferiche.
Una pressione che secondo i chirurghi ospedalieri finisce per incentivare scelte di medicina difensiva – “ti dovrei operare però non lo faccio per non incappare in una causa”- mentre a complicare il tutto c’è poi l’impoverimento tecnologico delle nostre sale operatorie.
Secondo i dati dell’Ania, l’associazione delle compagnie assicuratrici, il 40 % delle richieste di rimborso non sono supportate da evidenze clinico procedurali, il 10 % è supportata da dichiarazioni artefatte o false e solo il 3 % è basata su errori procedurali del personale. I procedimenti riguardano l’attività chirurgica 38,4% dei casi, diagnosi errate nel 20,7%, errori in fase di terapia nel10,8% e le infezioni per il 6,7%. Nello specifico i reparti dove avvengono più sinistri sono ortopedia e traumatologia (20,3%), chirurgia generale (12,9%), pronto soccorso (12,6%), ostetricia e ginecologia (10,9%). Riguardo la distribuzione territoriale delle denunce i numeri dicono che vengono presentate principalmente al Sud e nelle isole (44,5%). Al Nord la percentuale scende al 32,2% mentre al Centro si ferma al 23,2%. Le aree maggiormente a rischio contenzioso sono quella chirurgica (45,1% dei casi), materno-infantile (13,8%) e medica (12,1%). Per quanto riguarda i costi per intraprendere un’azione legale, partendo da una richiesta risarcitoria media di 100 mila euro, servono 50.128 euro per una causa civile, per il penale 36.901 euro. E si tratta di dati che non lasciano indifferente la categoria dei medici: il 78,2% di loro ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti rispetto al passato. Il 68,9% pensa di avere 3 probabilità su 10 di subirne; il 65,4% avverte una pressione indebita nella pratica quotidiana. «Non oso pensare cosa genererà il contenzioso apertosi durante la pandemia, che ha generato un aumento esponenziale delle denunce» dichiara il presidente di Acoi,  Pierluigi Marini.
Ma a complicare la vita dei chirurghi è anche l’obsolescenza delle apparecchiature utilizzate in sala operatoria. «Per capire come questa finisca per influire sul nostro lavoro e sulla sicurezza dei pazienti -spiega ancora Marini – basti pensare alla chirurgia mininvasiva laparoscopica. È chiaro che se abbiamo telecamere di ultima generazione aumenta la definizione delle immagini e questo ci permette di operare con più precisione», spiega il professore. «Purtroppo oggi con le imprese stritolate dal cosiddetto Pay back, che le impone di rimborsare 2,2 miliardi per il ripiano dello sfondamento di un tetto di spesa sottostimato, oggi abbiamo carenza anche di cose come bisturi elettrici e suturatrici meccaniche», denuncia il professore. Lamentando poi il fatto che «il Pnrr investe circa 4 miliardi per l’ammodernamento tecnologico della sanità, ma nulla per quello delle sale operatorie».

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