Guerra in Ucraina: perché l’Unione europea è in trappola
di Francesco Battistini e Milena Gabanelli
A un anno dall’inizio della guerra la dipendenza Ue dalle fonti energetiche russe, scrive la Commissione europea, è passata dal 36% del totale al 9,7%. Le sanzioni, da una stima Eurostat, hanno pesato sulla crescita del Pil europeo con un calo del 2,5% . E molti colossi che hanno dovuto smantellare i loro investimenti in Russia – Ikea, Volkswagen, Lego, Netflix TikTok, Samsung, Visa, MasterCard, Bp – stanno ora studiando i futuri rientri su quei mercati. Intanto la Ue ha già speso 30 miliardi in aiuti economici e finanziari, altri 18 sono stati stanziati per il 2023, a cui vanno aggiunti quelli dei singoli Paesi membri.
Nel 2022 l’Estonia ha donato a Kiev l’1% del Pil, una cifra enorme, e in quella direzione sono andate anche la Polonia, la Lituania, la Slovacchia, la Svezia e la Repubblica Ceca. Hanno donato molto anche la Germania e la Francia, meno Italia, Spagna e Belgio, mentre in coda troviamo Romania, Cipro, Slovenia e Irlanda. Sta di fatto che per la prima volta l’Europa ha superato gli Stati Uniti, il tradizionale supporter finanziario di Kiev.
La tenuta dell’Unione
Nel suo primo viaggio in Europa, Volodymyr Zelensky s’è presentato nelle capitali con la lista della spesa. Di ciascun Paese dell’Ue, il presidente ucraino conosce le armi disponibili nei depositi. E a tutti ha espresso richieste molto precise. «Sapeva esattamente di che cos’avesse bisogno e che cosa chiedere», ha commentato un diplomatico tedesco. Anche i governi europei sanno bene di che cos’ha bisogno l’Ucraina, e quali sono i timori dei Paesi più prossimi ai confini con la Russia. Infatti la Finlandia e la Svezia hanno chiesto di corsa l’ingresso nella Nato. Polonia e Romania sono state sfiorate e colpite da missili. Mentre Estonia, Lettonia e Lituania sono impaurite dall’espansionismo russo. Sono molti i fattori che possono trascinare in guerra l’intero continente. E mandare in pezzi un’Unione europea che, di fronte a Mosca, ha interessi e problemi diversi.
Quali armi dai Paesi membri
Almeno a parole, il sostegno a Zelensky e all’Ucraina non è mai stato un tema che dividesse l’Ue, ad esclusione dell’Ungheria: Viktor Orbán chiede di smettere di fornire armi e vuole interrompere le sanzioni a Mosca
Le ragioni di questo incondizionato sostegno, anche militare, sono la difesa del principio di sovranità territoriale d’un Paese che non è nell’Ue, ma sta comunque in Europa, e l’obbligo di rassicurare chi è più prossimo al confine russo. Il rischio per tutto il continente è quello di rimanere senza difese per sé. «Avevamo dimenticato la guerra dal nostro orizzonte intellettuale – dice il responsabile europeo degli Esteri, Josep Borrell – e la prova di questo è il nostro bassissimo livello di scorte militari e la scarsa capacità della nostra industria della difesa per rifornirle». Dai dati dell’International Institute for Strategic Studies la disponibilità di Germania, Francia e Italia messe insieme non arriva a 4mila carri armati moderni. All’Ucraina la Francia manderà alcuni dei suoi carri leggeri Amx-10, la Germania 14 carri Leopard e sistemi antimissile; l’Italia non si è pronunciata su cosa invierà. L’Olanda ha dato l’ok alla fornitura di qualche F-16. La Slovacchia ha scelto di inviare i suoi vecchi aerei Mig-29 sovietici. Varsavia, che avverte una minaccia diretta, consegnerà subito i carri armati Leopard richiesti, per quanto non siano quelli d’ultima generazione, e cannoni antiaerei. La Spagna «contribuirà» con pezzi di ricambio, e insieme al Portogallo con 7 Leopard. I Paesi Baltici sistemi di difesa Stinger, 4 elicotteri, droni e munizioni. La premier estone Kaja Kallas dice: «Io non ho jet da dare, ma se li avessi li darei» e ripete che siamo addirittura in ritardo, perché la Russia s’è ormai convertita totalmente a un’economia di guerra e ha organizzato un’industria bellica dove si lavora h24 con tre turni quotidiani
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