Meloni: Berlusconi si fermi. Ma Mosca lo difende. Fi e Lega: stop ai jet all’Ucraina

FRANCESCO OLIVO

ROMA. L’ordine di scuderia è abbassare i toni, ma a rispettarlo si fa fatica. Vale per Forza Italia, ma anche per Giorgia Meloni. La scena di Volodymyr Zelensky che attacca Silvio Berlusconi nel corso della visita della premier a Kiev è stata troppo dirompente per essere digerita in 24 ore. I due non si sono sentiti, d’altronde, notano da Arcore, la visione della politica estera è talmente divergente che non può bastare una telefonata per ricucire. L’accordo, sperano in FdI, è almeno sulla linea di condotta.

Far sbollire gli animi, insomma, è la consegna, ma intanto le distanze tra i partiti della maggioranza sulla guerra si allargano. Non ha giovato alla serenità il fatto che ancora una volta il Cavaliere sia stato difeso dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakarova: «In un altro impeto di rabbia impotente, l’abitante del bunker ha attaccato Berlusconi, che aveva ricordato al regime di Kiev il Donbass». Meloni, rientrata a Roma ieri, non fa passi indietro e chiarisce come «sia giusto favorire le ipotesi di dialogo ma che non lo si possa fare se non si tengono in considerazione le rivendicazioni ucraine», dice in un’intervista al Tg4.

La tregua non significa che nulla si muova all’interno dei partiti. Fratelli d’Italia oggi manderà una delegazione di primo piano all’ambasciata ucraina di Roma per dare un segnale di appoggio (ci saranno Giulio Tremonti, Tommaso Foti e Giangiacomo Calovini). Gli alleati non hanno aderito. Forza Italia e Lega hanno individuato una linea rossa: l’invio dei jet all’Ucraina. L’ipotesi continua a essere negata, anche da Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente di Forza Italia. Ma in questo conflitto tutto cambia rapidamente, la visita di Joe Biden in Ucraina a Polonia viene letta da tutti come un’accelerazione nell’impegno occidentale. Così, se la Gran Bretagna e poi gli Stati Uniti dovessero inaugurare questo tipo di fornitura anche l’Italia potrebbe essere chiamata in causa. Tra gli alleati di FdI è stata notata una frase di Meloni, pronunciata a Kiev: «Quando c’è un aggredito, tutte le armi sono difensive». Nel partito azzurro nemmeno i più convinti sostenitori dell’Ucraina la pensano così: consegnare gli aerei a Kiev vorrebbe dire fare un salto di qualità enorme nell’impegno italiano. Su quel terreno anche la Lega difficilmente seguirebbe la premier. Il governo, con il provvedimento varato a dicembre, si è fatto autorizzare dal Parlamento l’invio di armi per tutto il 2023, ma con gli aerei si entrerebbe in uno scenario diverso, che richiederebbe una verifica politica nella maggioranza.

Senza arrivare a quel punto, c’è chi già punta i piedi. È il caso di Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato della Lega: «Attenzione a non inviare armi che rischino di trascinare l’alleanza atlantica in un conflitto diretto con la Russia. Vorrebbe dire far scoppiare la guerra nucleare». Nel frattempo arriva un avvertimento dell’ambasciatore russo a Roma Sergey Razov: «L’Italia si fa trascinare in una contrapposizione militare, diventando parte in causa nel conflitto», dice all’Ansa.

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