“Così abbiamo evitato il triplo degli sbarchi. L’Italia è attrezzata contro l’eversione”
Una stretta di mano ai vigili del fuoco al rientro dalla missione speciale nella Turchia devastata dal terremoto e una carezza a Nikita, il labrador femmina che ha operato tra le macerie. Giornata di incontri e appuntamenti ufficiali al Viminale per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha ridotto la pausa pranzo, come sua abitudine, a una pizzetta bianca consumata sulla scrivania. Abito grigio, camicia bianca e cravatta blu con motivi bianchi, accetta di parlare con il «Giornale» della bomba immigrazione e la minaccia anarchica.
Ministro
Piantedosi, mai tanti sbarchi di immigrati come nelle prime settimane
del 2023: oltre 13mila. Arrivano ogni giorno barconi in Sicilia,
Calabria, Lazio, Sardegna, Abruzzo. L’Italia è sotto attacco?
«L’Italia
è al centro del Mediterraneo. Per chi vuole arrivare in Europa
dall’Africa noi rappresentiamo il primo punto di approdo. Storicamente
per questa posizione geografica subiamo le conseguenze delle crisi
politiche, economiche e sociali, che ciclicamente vivono i Paesi del
continente africano.
Di fronte a fasi acute di tali crisi, come
quella che stiamo vivendo in questi giorni, possiamo contrapporre
soprattutto la nostra tradizionale organizzazione per mitigare l’impatto
sull’ordine pubblico. È quello che stiamo facendo, ma è evidente come
sia necessario che vengano a compiuta efficacia altre misure che stiamo
adottando per bloccare le partenze».
Il governo ha
annunciato la linea dura sugli sbarchi di clandestini, i suoi decreti
restrittivi vengono contestati per la loro durezza da Ong e sinistra
radicale, eppure l’emergenza aumenta. C’è qualcosa che non sta
funzionando?
«Il governo, sin dal suo insediamento, ha messo
tra le sue priorità quella del contrasto all’immigrazione irregolare.
Il primo risultato tangibile è che, dopo anni di sottovalutazione del
fenomeno migratorio, lo stesso è ritornato al centro della discussione
critica della Ue.
Questo è avvenuto per merito, soprattutto, del
presidente Meloni. Il collega Tajani degli Esteri, in alcuni casi con il
sottoscritto, ha avviato importanti e troppo a lungo trascurate
iniziative di raccordo con i Paesi, soprattutto africani di origine e
transito dei flussi migratori, per concorrere e sostenere la loro tenuta
e lo sviluppo sociale ed economico. Ciò al fine di addivenire al più
presto al superamento delle cause e delle motivazioni che spingono le
persone a partire, mettendo anche a rischio la propria vita, nel
miraggio di un futuro in Europa che tropo spesso si rivela illusorio. È
un programma ambizioso che comporta azioni di lungo periodo che non
possono essere giudicate dopo solo 4 mesi di impegno di questo governo,
che pure qualche risultato tangibile su questo fronte ha cominciato a
farlo intravedere. Anche grazie alla nostra cooperazione, seppur in un
quadro di arrivi numerosi, le autorità tunisine e libiche, dal 1
novembre ad oggi, hanno scongiurato l’arrivo, rispettivamente, di quasi
13.000 e di oltre 9.000 migranti.
Si tratta di un risultato
importante perché sono numeri che si sarebbero aggiunti a quello delle
persone che sono riuscite a sfuggire ai controlli arrivando sulle nostre
coste».
Tornano segnalazioni di possibili infiltrazioni
di estremisti islamici tra i migranti. Le ultime ondate hanno fatto
scattare l’allarme?
«È una risalente discussione quella
della possibilità che con i barconi possano arrivare in Italia e in
Europa anche soggetti con propositi criminali o terroristici. Ma non
bisogna fare allarmismi. Le forze dell’ordine hanno in molteplici
occasioni dimostrato di saper individuare le persone “a rischio” al
momento dell’ingresso sul territorio nazionale, assoggettandole alle
conseguenze di legge. È una vecchia storia quella del pericolo
terroristico, che è stata spesso oggetto di discussioni distorte: se
l’individuazione di soggetti pericolosi può avvenire solo a sbarco
avvenuto, l’impossibilità di controllare le partenze rende sempre
possibile tale rischio. Ed uno dei motivi per cui vanno contrastate in
tutte le direzioni possibili le traversate incontrollate. In buona
sostanza la sicurezza nelle nostre città passa anche attraverso una
regolazione degli ingressi e non può esservi alcun approccio emotivo o
suggestione che possa far superare tale considerazione».
Ora
la gravità dei numeri impone rimedi drastici per contenere il fenomeno.
Cosa può fare il governo di più specifico nell’immediato?
«Il
governo può e deve mantenere ferma la determinazione nel combattere, in
molteplici direzioni, il fenomeno dell’immigrazione irregolare e
incontrollata. E continuerà a farlo. Può sembrare una risposta scontata,
ma non lo è: sono molteplici le dichiarazioni che si limitano a
rilevare la drammaticità di viaggi della speranza sottovalutando tutto
ciò che segue il momento dello sbarco ed in particolare i riflessi di
degrado, emarginazione e disagio che si manifestano nelle nostre città.
Come
ho già detto la ferma volontà di governare i flussi migratori sono
certo che produrrà i suoi effetti al più presto. Trovo superficiale e
talvolta anche un po’ strumentale la pretesa di giudicarci dopo solo 4
mesi di lavoro».
In tutta la grande partita geopolitica dei migranti ci sono soggetti che frenano o vengono meno alla parola data?
«Se
la domanda sottende la scarsa attenzione che c’è stata in Europa sulla
specificità del problema di un paese come l’Italia che vive la
condizione geografica di essere la principale frontiera marittima, la
mia risposta non può che ribadire le mie precedenti considerazioni: il
governo Meloni ha tra i suoi meriti quello di aver fatto cambiare
narrazione e considerazione su questo problema. È evidente che al più
presto i fatti e i risultati arriveranno.
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