“Così abbiamo evitato il triplo degli sbarchi. L’Italia è attrezzata contro l’eversione”

Gabriele Barberis

Una stretta di mano ai vigili del fuoco al rientro dalla missione speciale nella Turchia devastata dal terremoto e una carezza a Nikita, il labrador femmina che ha operato tra le macerie. Giornata di incontri e appuntamenti ufficiali al Viminale per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha ridotto la pausa pranzo, come sua abitudine, a una pizzetta bianca consumata sulla scrivania. Abito grigio, camicia bianca e cravatta blu con motivi bianchi, accetta di parlare con il «Giornale» della bomba immigrazione e la minaccia anarchica.

Ministro Piantedosi, mai tanti sbarchi di immigrati come nelle prime settimane del 2023: oltre 13mila. Arrivano ogni giorno barconi in Sicilia, Calabria, Lazio, Sardegna, Abruzzo. L’Italia è sotto attacco?
«L’Italia è al centro del Mediterraneo. Per chi vuole arrivare in Europa dall’Africa noi rappresentiamo il primo punto di approdo. Storicamente per questa posizione geografica subiamo le conseguenze delle crisi politiche, economiche e sociali, che ciclicamente vivono i Paesi del continente africano.
Di fronte a fasi acute di tali crisi, come quella che stiamo vivendo in questi giorni, possiamo contrapporre soprattutto la nostra tradizionale organizzazione per mitigare l’impatto sull’ordine pubblico. È quello che stiamo facendo, ma è evidente come sia necessario che vengano a compiuta efficacia altre misure che stiamo adottando per bloccare le partenze».

Il governo ha annunciato la linea dura sugli sbarchi di clandestini, i suoi decreti restrittivi vengono contestati per la loro durezza da Ong e sinistra radicale, eppure l’emergenza aumenta. C’è qualcosa che non sta funzionando?
«Il governo, sin dal suo insediamento, ha messo tra le sue priorità quella del contrasto all’immigrazione irregolare. Il primo risultato tangibile è che, dopo anni di sottovalutazione del fenomeno migratorio, lo stesso è ritornato al centro della discussione critica della Ue.
Questo è avvenuto per merito, soprattutto, del presidente Meloni. Il collega Tajani degli Esteri, in alcuni casi con il sottoscritto, ha avviato importanti e troppo a lungo trascurate iniziative di raccordo con i Paesi, soprattutto africani di origine e transito dei flussi migratori, per concorrere e sostenere la loro tenuta e lo sviluppo sociale ed economico. Ciò al fine di addivenire al più presto al superamento delle cause e delle motivazioni che spingono le persone a partire, mettendo anche a rischio la propria vita, nel miraggio di un futuro in Europa che tropo spesso si rivela illusorio. È un programma ambizioso che comporta azioni di lungo periodo che non possono essere giudicate dopo solo 4 mesi di impegno di questo governo, che pure qualche risultato tangibile su questo fronte ha cominciato a farlo intravedere. Anche grazie alla nostra cooperazione, seppur in un quadro di arrivi numerosi, le autorità tunisine e libiche, dal 1 novembre ad oggi, hanno scongiurato l’arrivo, rispettivamente, di quasi 13.000 e di oltre 9.000 migranti.
Si tratta di un risultato importante perché sono numeri che si sarebbero aggiunti a quello delle persone che sono riuscite a sfuggire ai controlli arrivando sulle nostre coste».

Tornano segnalazioni di possibili infiltrazioni di estremisti islamici tra i migranti. Le ultime ondate hanno fatto scattare l’allarme?
«È una risalente discussione quella della possibilità che con i barconi possano arrivare in Italia e in Europa anche soggetti con propositi criminali o terroristici. Ma non bisogna fare allarmismi. Le forze dell’ordine hanno in molteplici occasioni dimostrato di saper individuare le persone “a rischio” al momento dell’ingresso sul territorio nazionale, assoggettandole alle conseguenze di legge. È una vecchia storia quella del pericolo terroristico, che è stata spesso oggetto di discussioni distorte: se l’individuazione di soggetti pericolosi può avvenire solo a sbarco avvenuto, l’impossibilità di controllare le partenze rende sempre possibile tale rischio. Ed uno dei motivi per cui vanno contrastate in tutte le direzioni possibili le traversate incontrollate. In buona sostanza la sicurezza nelle nostre città passa anche attraverso una regolazione degli ingressi e non può esservi alcun approccio emotivo o suggestione che possa far superare tale considerazione».

Ora la gravità dei numeri impone rimedi drastici per contenere il fenomeno. Cosa può fare il governo di più specifico nell’immediato?
«Il governo può e deve mantenere ferma la determinazione nel combattere, in molteplici direzioni, il fenomeno dell’immigrazione irregolare e incontrollata. E continuerà a farlo. Può sembrare una risposta scontata, ma non lo è: sono molteplici le dichiarazioni che si limitano a rilevare la drammaticità di viaggi della speranza sottovalutando tutto ciò che segue il momento dello sbarco ed in particolare i riflessi di degrado, emarginazione e disagio che si manifestano nelle nostre città.
Come ho già detto la ferma volontà di governare i flussi migratori sono certo che produrrà i suoi effetti al più presto. Trovo superficiale e talvolta anche un po’ strumentale la pretesa di giudicarci dopo solo 4 mesi di lavoro».

In tutta la grande partita geopolitica dei migranti ci sono soggetti che frenano o vengono meno alla parola data?
«Se la domanda sottende la scarsa attenzione che c’è stata in Europa sulla specificità del problema di un paese come l’Italia che vive la condizione geografica di essere la principale frontiera marittima, la mia risposta non può che ribadire le mie precedenti considerazioni: il governo Meloni ha tra i suoi meriti quello di aver fatto cambiare narrazione e considerazione su questo problema. È evidente che al più presto i fatti e i risultati arriveranno.

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