Dalla pace al riarmo finisce un’era in Europa
LUCIA ANNUNZIATA
«Il mondo sta sperimentando una Zeitenwende: uno slittamento tettonico epocale. La guerra di aggressione russa all’Ucraina ha posto fine a un’era». Sono le prime due righe di un intervento del cancelliere tedesco Scholz, pubblicato da Foreign Affairs il 5 dicembre 2022. Parole di un inusuale tono millenaristico che, per diffusione e intensità, hanno definito (condividere o meno) il tono dell’Europa nel primo anniversario della guerra in Ucraina: qualcosa è finito per sempre in questo nostro mondo, e questo qualcosa è il senso della propria sicurezza.
L’ era di cui parla il cancelliere è quella seguita alla caduta del Muro di Berlino, «tre decadi di relativa pace e prosperità», densi di «avanzamenti tecnologici, livelli senza precedenti di connettività e cooperazione», «coraggiosi cittadini che in ogni parte del mondo hanno travolto dittature»; così che «negli anni 90 sembrava che si fosse affermato un più stabile ordine mondiale». Una nuova era che è sembrata convincere tutti della possibilità di nuove formule di crescita e governo, come aveva augurato Willy Brandt alla caduta del Muro: «quello che è parte di un insieme può crescere insieme».
In quegli anni tutto questo «stare insieme» sembrò possibile. I Paesi membri del Patto di Varsavia divennero membri della Nato e dell’Ue. George Bush, presidente conservatore, si augurò «un’Europa unica e libera». Una nuova era in cui, persino, «sembrò possibile che la Russia diventasse partner dell’Occidente e non più l’avversario che è sempre stata», ricorda ancora il cancelliere – e in questa luce per noi italiani si capisce meglio, anche se oggi si rivela una assurdità, quell’ostinato innamoramento di Silvio Berlusconi per Putin. «Ogni Paese europeo tagliò gli eserciti e il finanziamento della Difesa. Perché mantenere una forza di 500mila soldati (tanti ne aveva la Germania, nda) dal momento che eravamo circondati da amici e partner?» spiega Scholz.
Quel tempo è finito. E la fine sta accadendo sotto i nostri occhi: «La Germania e l’Europa possono aiutare a difendere un ordine internazionale fondato sulle regole, senza soccombere alla visione fatalistica che il mondo è destinato ad essere diviso. La storia del mio Paese ci dà una responsabilità speciale nel combattere le forze del fascismo, autoritarismo e imperialismo». In nome di questa battaglia, è stata annunciato il ritorno della Germania a un intenso programma di riarmo.
Dalla pace in tutto il mondo, dunque, alla “difesa” in tutto il mondo. Laddove “difesa” sta per forza militare. Il primo anno di guerra su suolo europeo ha fatto maturare questo salto nelle percezioni dell’Europa. Qualcosa che è quasi un cambio di natura.
La Ue è un’entità politica in permanente work in progress, alla ricerca del consolidamento di un equilibrio fra competenze e identità di 27 nazioni. Un lavoro difficile, che ha per esempio saputo unificare la propria moneta, eppure, mai fino ad ora, unificare la propria difesa. Materia delicata, questione di confini e identità, dell’esistenza di una nazione, i propri uomini, le proprie armi, la propria sicurezza, appunto.
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