Lode alle professoresse democratiche, ci hanno donato le ali della libertà

Concita De Gregorio

In lode delle professoresse democratiche, a lungo irrise come “anime belle”, serbatoio elettorale della sinistra sebbene per sfinimento in astensione e ora persino additate come pericolose. Dal ministro dell’Istruzione, in questo tragico mondo alla rovescia che abbiamo costruito o impedito che altri costruissero, è lo stesso.

Elena Schirò, la maestra delle elementari che in quarta ci fece un solo anno di supplenza, regalò a ciascun alunno novenne un libro, andandosene. Il mio, poiché sapeva che studiavo pianoforte, fu una “Storia della Musica”. Un libro semplice, con le foto e le biografie. Ce l’ho davanti, ha la copertina verde chiaro, mi ha accompagnata in cento traslochi. La dedica, in elegantissima calligrafia obliqua, dice. «Sii libera. Per essere libera devi essere forte, per essere forte devi sapere. È il sapere che fa la forza! La tua maestra». Sono tornata lì ogni volta che ho fatto fatica, che ho pensato non ce la faccio, è un compito fuori dalla mia portata, ho perso la disciplina. Ce l’avevo, invece. Sii libera. La tua maestra.

Nella vita di ciascuno c’è stato un maestro (di scuola, di sport, di gite al campo estivo) che quel giorno ti ha indicato la rotta, ti ha scritto un biglietto, ti ha detto una frase che ha cambiato le cose. Ci dovrebbe essere, almeno. Quando non c’è manca e si paga.

La professoressa Annalisa Savino, dirigente scolastica del liceo da Vinci di Firenze, ha scritto ai suoi studenti una lettera bellissima. Una impeccabile lezione di storia che parla loro del presente: lo fa con un linguaggio semplicissimo e con parole che descrivono esattamente il rischio che corriamo nel tempo in cui viviamo. L’abitudine, l’indifferenza. Il «che sarà mai», tanto non mi riguarda. Tutto vi riguarda, ha detto la prof.

State attenti, ragazzi, perché i totalitarismi, quelli che poi rovinano la vita di intere generazioni, nascono dall’inerzia di chi ha pensato vabbè, non è un mio problema, non rischio, faccio finta di non vedere, chiudo gli scuri alle finestre. Il fascismo, quello storico, non è nato dalle adunate oceaniche: quelle sono venute dopo. È nato dai pestaggi per strada e dalla gente che allungava il passo. Dipende da voi, ha detto. Che magnifica lezione: che gesto di fiducia nei ragazzi, nell’attribuire a ciascuno la sua responsabilità. La democrazia, la pace, tutte quelle parole consunte e scontate, sono nelle scelte e nei gesti che facciamo ogni giorno per attuarle, conservarle, rafforzarle. La cosa incredibile, davvero impressionante, è che il ministro Giuseppe Valditara, titolare del dicastero dell’Istruzione (dell’Istruzione, che cosa c’è di più rilevante?) passato un giorno abbia detto – in tv, naturalmente: dove dovrebbe altrimenti parlare un ministro? – che quello della preside è «un messaggio improprio, strumentale e politicizzato». Segue minaccia: «Se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure». Misure? Quali misure? E la politicizzazione in cosa consiste? Nell’aver pronunciato la parola proibita: fascismo. Non si dice, non sta bene. Abbiamo la prima forza di governo, il partito della premier che continua a crescere nei sondaggi, diretto discendente di quella tradizione. Non si nomina, il fascismo delle origini: la matrice. Si fa finta che sia tutto nuovo, tabula rasa, tutto germogliato nella notte per sorpresa.

Ma facciamo un passo indietro. Le professoresse democratiche. Il ceto medio riflessivo. (Legittimo è il dubbio che fra essere democratici ed essere maestri ci sia una relazione di causa-effetto). Avrete notato come negli ultimi decenni esibire una qualsiasi forma di conoscenza sia diventato materia di scherno: da parte di chi non ne ha, ovviamente, o finge di non averla nella consapevolezza che titillare nell’elettorato l’orgoglio dell’ignoranza porti consenso. Certo: uno che ti dice fatica e poi vediamo è peggio di uno che ti dice che se sei analfabeta non fa niente, sei hai la terza media puoi comunque essere ministro, è l’esperienza che conta, che differenza c’è fra il pregiudicato che deve rifarsi una vita, il venditore ambulante e l’astronauta, il chirurgo, la docente di egittologia.

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