Carofiglio: “Il mio dilemma sulla leadership, la sinistra ora pensi alla dignità”

Annalisa Cuzzocrea

Gianrico Carofiglio non sa ancora se domenica andrà a votare alle primarie. Non lo dice per spirito di contraddizione, non lo fa per darsi un tono. Il suo spaesamento, i suoi dubbi, le sue riserve sono quelli di migliaia di elettori del Pd. «Ci sono cose che mi convincono e non mi convincono di entrambi i candidati – dice lo scrittore, che lunedì sarà di nuovo in tv, su Rai3, con Dilemmi – Soprattutto, non mi convince il percorso che ha portato fin qui».

Le avevano chiesto di far parte del comitato che avrebbe dovuto dar vita alla carta dei valori, di cui non si è saputo più nulla. Come mai ha declinato?
«Immaginavo sarebbe andata così. Ci voleva un’impostazione meno declamatoria. Prendere un sacco di gente e metterla insieme in fretta e furia per decidere qualcosa è di solito un ottimo modo per non decidere nulla».

Il Pd in realtà è stato accusato di lentezza.
«Si vota di nuovo l’anno prossimo,il tempo c’era. Penso sarebbe stato meglio scegliere un segretario o una segretaria di transizione che potesse fare un lavoro di manutenzione straordinaria del patrimonio ideale».

Per lasciare spazio al dibattito di idee e non allo scontro personale?
«Per una riflessione su valori e strategie che andasse al di là delle frasi fatte e delle cose che si ripetono in maniera meccanica e vuota. Se non sai dire chi sei in modo che tutti lo capiscano, non lo hai capito nemmeno tu».

Alle ultime elezioni il Pd non si è saputo raccontare?
«Una campagna elettorale sbagliata ha prodotto quel che è successo».

Serve cambiare nome? Partito del lavoro la convince?
«In realtà poco. Un tempo i due grandi fattori del conflitto sociale erano il capitale e il lavoro. Adesso c’è un capitale tutto finanziario, altamente tecnologico, mentre il lavoro è sbriciolato in mille entità in conflitto tra loro. È chiaro che devi occupartene, ma non può definirti come 70 anni fa, quando infatti gli operai votavano Pci. Adesso gli operai votano Fratelli d’Italia».

E cosa ti definisce, se sei un partito di sinistra?
«La dignità. Ma non quella da pacca sulla spalla. La nostra società è sempre più divaricata nelle sue diseguaglianze. La narrazione è che se stai in alto te lo sei meritato e se sei in basso ti sei meritato anche quello. Una chiave di lettura del mondo spietata che non fa che accelerare e moltiplicare il rancore e il senso di ingiustizia, carburanti del populismo. Il compito della sinistra è disattivare questa macchina, prendere quella roba lì e farne un impulso di trasformazione sociale. Perché è chiaro che ci sono meriti e responsabilità individuali, ma quando un fenomeno è strutturale non può essere quello il discrimine».

E qual è?
«Michael Sandel in La tirannia del merito dice che bisogna passare dall’etica del merito all’etica della fortuna. Chi ha successo non ce l’ha solo in base a doti o impegno, ma grazie all’essere stato o meno fortunato. Bisogna introdurre questo elemento nel dibattito non per punire i ricchi, ma per recuperare la dignità degli sfortunati. Essere socialista, diceva Olof Palme, non significa essere contro la ricchezza, ma contro la povertà».

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.