Pestaggio di Firenze, Stefano Massini: “I patrioti rivalutano il fascismo”
Lei conosce Azione studentesca, Casaggì, la galassia che ha per simbolo la croce bretone protagonista del pestaggio?
«Chiunque
viva a Firenze, che è una città storicamente di sinistra che ha pagato
un prezzo molto grosso al nazifascismo fino a maledirlo, a esecrarlo, sa
che la destra in questa città ha sempre sofferto di una sorta di
esclusione. C’è questo fuoco che brucia da parte di chi non sente solo
di avere un’idea politica diversa dalla maggioranza, ma si sente messo
all’angolo. Quanto all’armamentario di croci celtiche o bretoni, credo
che nel mondo nuovo che abitiamo, fatto più di rapporti on line che
concreti, i simboli abbiano una presa maggiore, un valore aggregante. Ma
c’è molto folclore in certi atteggiamenti: spesso chi disegna una croce
uncinata non ha idea di quel che rappresenta».
Adesso prevale il racconto della “rissa”, delle botte tra ragazzi.
«Vedo una tendenza di questa destra a intestarsi non solo la propria linea politica, ma la politica tout court».
Come dicessero: vale per tutti quel che è vero per me?
«Dopo
una legislatura in cui tutti hanno governato con tutti, o quasi, è come
si sentissero investiti della prima grande scelta consapevole fatta
dagli italiani. Vivono il mandato democratico conferito dalle urne come
una specie di incoronazione monarchica, stabile, eterna. Il grande
sottotesto è che l’opposizione o non c’è o è talmente debole che è come
non ci fosse».
Rappresentano anche una realtà secondo cui la scuola sarebbe dominata da pericolosi indottrinatori di sinistra.
«La
scuola italiana? L’unica che ha l’ora di religione? Quella che don
Milani denunciava come classista, settaria, di destra nel suo bellissimo
Lettera a una professoressa? Cosa vogliono impedire? Che si racconti
che Pirandello restituì la tessera del fascismo perché pensava fossero
tutti cretini? Che si citino Gramsci o Pasolini? Dovrebbero parlare solo
di Sem Benelli, uno degli epigoni di Gabriele D’Annunzio?».
O di Dante, che secondo il ministro Sangiuliano è di destra.
«Lo
dico da consigliere di amministrazione della società dantesca italiana:
in un meraviglioso passo della Divina Commedia Dante immagina che Adamo
veda il pianeta terra da lassù e lo definisce: “L’aiuola che ci fa
tanto feroci”. Mi ricorda Gagarin che ai tempi della guerra fredda
disse: “La terra vista da qui non ha confini”. Ecco, Dante ci era
arrivato secoli prima. Non è di destra né di sinistra. È bellezza pura,
come Mozart o un triplo salto mortale carpiato. Roba che non c’entra
nulla con la parte, la casacca, la faida, la rissa».
Non vede, come lamenta qualcuno, un eccesso di reazione davanti ai fatti di Firenze?
«Abbiamo
la seconda carica dello Stato che si vanta di avere in casa il busto di
Mussolini e non manca occasione di mostrare la sua nostalgia. Mio
nonno, che era consigliere comunale della Dc, mi ha insegnato che
Istituzioni si scrive con la I maiuscola. Chi le rappresenta deve farlo
per tutti, non per una parte. Soprattutto deve rispettare la nostra
democrazia, nata dalla liberazione dell’antifascismo. Quindi se sei la
seconda carica dello Stato non vai alle convention di partito, moderi le
apparizioni pubbliche, moderi il linguaggio. Quando andavo a scuola
c’erano Giovanni Spadolini al Senato e Nilde Iotti alla Camera. ma anche
dopo, Carlo Scognamiglio, Irene Pivetti, non sono mai usciti dal codice
dell’Istituzione. Nel momento in cui vedo il presidente del Senato in
tv a parlarmi di questo e di quello…».
O celebrare la nascita del Msi, dire di non voler festeggiare il 25 aprile.
«Esatto.
A quel punto posso dire che non ci sono problemi di rivalutazione del
fascismo? Certo che ci sono. È scientificamente evidente che ci siano».
Meloni non sarà d’accordo.
«La conobbi nel 2017 nella mia prima apparizione televisiva, a Otto e mezzo da Lilli Gruber, e non ho avuto la sensazione di trovarmi davanti a una facinorosa, una neofascista incallita. Mi è sembrato non rinnegasse le proprie radici, ma che non avesse bisogno di ostentarle. Quindi domando: il silenzio della premier su queste cose è un silenzio che si deve a cosa? Ho apprezzato molto quando su Cospito ha chiesto di abbassare i toni a tutti, a partire da Fratelli d’Italia, quindi chiedo: davanti ai Valditara che si fanno uscire frasi evidentemente improvvide il suo è un silenzio di circostanza, complice, assertivo, condivisivo? Vorrei capire qual è la qualità di questo silenzio».
LA STAMPA
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