Anche a sinistra è “Fattore Donna”

Annalisa Cuzzocrea

Il primo dato è la partecipazione. Portare a votare dopo due sconfitte clamorose, alle politiche e alle regionali, un milione di elettori, significa che il disincanto democratico non è un destino. Che c’è chi nel centrosinistra e nel Paese cerca disperatamente un’alternativa al governo delle destre. E che soprattutto la cerca ancora, nonostante gli errori i tradimenti e i disastri, nel Partito democratico.

Il Pd non era morto o moribondo, non deve cambiare nome, ragion d’essere o valori. Deve semplicemente ritrovarsi e riconnettersi con un popolo. Che non sarà compatto come cinquant’anni fa, sarà sperso in mille rivoli senza rappresentanza, ma è quello dei progressisti nel mondo: i più fragili, i meno garantiti, i più poveri, i più emarginati. Così è lì che è andata a bussare Elly Schlein. Porta a porta, con lo zainetto, come aveva promesso. Le hanno ritagliato addosso l’immagine della privilegiata, borghese, incapace di capire dov’è la sofferenza e cos’è il disagio. Diranno ora: ha vinto soprattutto nei grandi centri urbani, non parla alle periferie. Come se il voto fosse leggibile solo attraverso i codici postali. Diranno poi: eh certo, è donna, ma vedete quanti uomini ha dietro, le correnti, i capi occulti. E ci sono davvero, accanto, Franceschini Orlando Zingaretti. Più giovane, e dal primo momento, Provenzano. Nessuno però è apparso – neanche per un momento e per la prima volta nel Pd – stare sopra, come un padrino. O dietro a una pesante tenda rossa a muovere i fili, come un burattinaio. Sono le istanze che contano allora mettiamole in fila: Schlein ha detto no con nettezza alle politiche migratorie attuate anche dal Partito democratico con l’ormai famigerato accordo con la Guardia costiera libica. Sulle migrazioni in Parlamento europeo ha fatto più di una battaglia. Che la sua vittoria arrivi in un giorno di lutto come questo, con il nostro mare che restituisce i corpi di bambini afghani, iraniani, iracheni, siriani, rende il quadro delle primarie pd ancora più chiaro.

E’ stato un voto per cambiare tutto. Come sul lavoro, perché chiede con nettezza la riduzione di quello precario. Non dice: paghiamolo meglio. Dice: ostacoliamolo, facciamo come in Spagna, sennò avanti non si va. Perché la linea di faglia che separata garantiti da non garantiti è sempre più larga, incolmabile, ingiusta. E ancora sui diritti, Schlein ha detto: basta con questa storia che parlare dei diritti civili significa disinteressarsi di quelli sociali. Devono e possono andare insieme. Come la tutela dell’ambiente, che deve farsi carico anche della questione sociale. Non può essere fatta a discapito di chi ha meno e meno può permettersi, ma resta ineludibile.

Quindi sì, il voto delle primarie ha sovvertito quello dei circoli, degli iscrittii. Nei circoli però hanno votato in 150mila e ieri un milione. Hai voglia a dire allarghiamo, apriamo le porte, se non ti prendi esattamente questo rischio: che il tuo elettorato potenziale indichi una strada diversa da quella del tuo nocciolo duro. Che sia meno spaventato e ti porti a un azzardo, che ti chieda di trasformarti davvero, di saltare più lungo. Portando alla guida una donna per la prima volta nel campo progressista e questo, il fattore D, ha pesato molto di più di quanto molti avevano previsto.

Perché soprattutto a sinistra le donne le abbiamo viste sempre in lotta tra loro e sempre per un posto da comprimarie con un uomo davanti a dire “prego, siediti qui, l’ho tenuto per te”. E invece ieri molte di coloro che sono andate a votare hanno pensato: stavolta tocca davvero a una di noi e lo ha deciso lei, senza chiedere il permesso.

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