Maurizio Costanzo, intelligente e potente: ognuno di noi gli deve qualcosa (ecco perché)



Il Costanzo Show all’inizio era settimanale, su Rete 4. Berlusconi comprò tutto con lui dentro. Lo chiamò a Portofino, c’era pure Freccero, e disse: d’ora in poi lo facciamo tutti i giorni. Primi ospiti Eva Robbins, che si chiama in realtà Roberto Coatti – «dissi che era come le carte da gioco: metà uomo, metà donna» – e Paolo Villaggio, che Maurizio raccontava di aver scoperto anni prima: «A Genova mi suggerirono di andare in un teatro di piazza Marsala, dove si esibiva uno strano impiegato. Era Villaggio. Uscimmo a cena e firmammo il contratto su un tovagliolo del ristorante. All’epoca avevo un cabaret a Roma, il Sette per Otto. Fu un trionfo, vennero a vederlo Flaiano ed Ercole Patti. Poi Paolo andò in tv, e nacque Fracchia». Al Costanzo Show cominciarono gli Uno contro tutti. Per Bossi scoppiò una rissa: «Si menarono proprio, leghisti contro gli altri, sotto gli occhi dell’Umberto. Carmelo Bene invece litigò con il pubblico, e si prese gli insulti e gli sputi della prima fila». Alda Merini venne a raccontare gli elettrochoc che aveva subito, disse che l’avevano sfrattata, Costanzo lanciò una sottoscrizione in diretta e le salvò la casa. Una sera Platinette si tolse la parrucca, e rivelò di essere Mauro Coruzzi. Arrivò un ragazzo di Correggio con la chitarra, il pubblico non apprezzò le canzoni, Costanzo disse: questo ha un grande avvenire. Era Ligabue. (Il pubblico dello show era scelto accuratamente tra gli italiani medi, che lui conosceva come nessun altro, infatti sapeva assecondarli e, più di rado, contraddirli). Ogni tanto venivano anche i due giornalisti più importanti del Novecento, Scalfari e Montanelli, che raccontò l’agonia della moglie Colette.

A Montanelli, Costanzo sosteneva di dovere tutto: «Mio zio mi faceva leggere i suoi articoli sulla terza pagina del Corriere . Mi invaghii. Così, a 14 anni, gli scrissi una lettera. Incredibilmente mi rispose. Mi invitò alla redazione romana. Poi nella sua casa di piazza Navona, a pranzo con Carlo Laurenzi: un uomo raffinatissimo, che lo divertiva con i suoi bon mots. Indro mi ha seguito per tutta la vita. Mi fece pure assumere da Afeltra al Giorno». Da cronista intervistò Pier Paolo Pasolini e Curzio Malaparte, che viveva in albergo, circondato dai suoi bassotti, tra cui uno chiamato Curtino. Da allora pure lui ha sempre avuto bassotti.

Pochi mesi dopo la bomba ci fu la discesa in campo di Berlusconi. «Ci chiamò tutti ad Arcore, c’erano anche Mentana e Giuliano Ferrara. Alla fine lo presi da parte e gli dissi: io non ti voterò mai, ma non dirò mai una parola contro di te». A un certo punto Costanzo consigliava contemporaneamente Berlusconi e Rutelli, che erano entrambi candidati a Palazzo Chigi, e conduceva una trasmissione su Mediaset e una sulla Rai, che in teoria erano concorrenti.

Come tutti sanno non era bello, di persona il suo aspetto per dirla tutta era particolarmente sgraziato — la testa enorme quasi senza collo —, eppure era come i cavalli di razza, che brutti non sono mai. Non a caso ha avuto una vita sentimentale da divo di Hollywood, sempre accanto a donne bellissime, e con fidanzate insospettabili dietro le quinte. Il matrimonio giusto fu il quarto. Incontrò Maria De Filippi a Venezia, in un convegno. Lei lo raggiunse a Roma. Monica Vitti la sentì parlare nella stanza a fianco, senza vederla, e disse a Costanzo: «Senti che voce profonda, pare la mia. Dev’essere una donna intelligente…». Insomma, Maria ebbe la benedizione di Monica Vitti. Hanno fatto in tempo a festeggiare le nozze d’argento. Disse che sognava di morire con le mani tra le sue. Gli chiesero: ma lei cosa fa alle donne? Rispose: «Le ascolto».

Andare ospite di Costanzo era un rito. Ti portavano in uno sgabuzzino a bagno d’ombra, dove lui ti riceveva in modo sbrigativo eppure accurato, consegnandoti una tartarughina portafortuna in ceramica — animale totemico, cui in effetti somigliava — e dicendo poche parole il cui senso era: ti ringrazio per essere venuto, ma dovresti essere tu a ringraziare me. Era uomo di straordinaria rapidità mentale. A lungo ha avuto molto potere, anche se come ogni vero potente negava di esserlo: «Mica sono Andreotti. Io al massimo posso lanciare un cantante».

Sapeva individuare il talento al volo e non sbagliava quasi mai. Non parlava male quasi mai di nessuno, ma poteva essere feroce. Ognuno di noi gli deve qualcosa; anche solo una serata di svago, o una certa idea del nostro Paese. Molto probabilmente papà suo lo stava aspettando; di sicuro Maria gli ha tenuto la mano.

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