Elly Schlein, il primo atto da segretaria Pd: “Sarò al corteo antifascista. Arrivano i lupi? Li affronterò”
Annalisa Cuzzocrea
«Andiamo a mangiare un panino? Ho il vuoto nella pancia». Sono le 16 e Elly Schlein ha passato le ultime ore in Transatlantico a stringere mani, ricevere abbracci e rispondere «Viva il lupo». Che i lupi siano già dietro l’angolo pronti ad attaccare, lo sa bene. «Li affronteremo», si limita a dire con un sorriso, avvolta dentro a un tailleur pantalone grigio che ora cade un po’ largo. Sarà stato il tour per le primarie, i tanti treni, l’Italia girata in due mesi. Attorno a lei, quasi a proteggerla, ci sono i deputati Marco Furfaro e Marco Sarracino, Chiara Gribaudo, poco più in là Peppe Provenzano e Andrea Orlando. Fanno come una selezione all’ingresso, ma cronisti a parte, Schlein riceve tutti. A fare la fila ci sono soprattutto quelli che non l’hanno sostenuta: Lia Quartapelle, con cui si ferma a parlare un po’ di più, Piero De Luca, Anna Ascani, Simona Bonafè. Ma anche Marina Sereni, la giovane Rachele Scarpa. L’applauso timido che l’accoglie al primo ingresso in aula mostra quanto la strada non sia facile. È così per tutti i neosegretari che si ritrovano con gruppi formati da altri. A Montecitorio i deputati pd che hanno sostenuto Schlein sono 25 su 67. Al Senato, 17 su 38. Geometrie variabili come in ogni legislatura, perché il nuovo corso segnerà un nuovo ordine. Ma certo, è un altro degli ostacoli da tenere presente, tra i mille che la strada già le offre davanti.
Il primo atto politico da segretaria del Pd sarà nel solco dell’antifascismo. «Sarò in piazza a Firenze accanto agli studenti del liceo Michelangiolo aggrediti da sei militanti di Azione studentesca». In piazza con Cgil, Cisl e Uil, i sindacati uniti, con il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte e di certo anche con uno degli avversari della mozione opposta, il sindaco Dario Nardella, visto che è proprio nel suo consiglio comunale che gli esponenti dem hanno chiesto al governo, con un ordine del giorno, di « sciogliere – una volta per tutte – i movimenti di stampo nazifascista».
La nuova leader del Partito democratico non ha impiegato molto a scegliere da dove partire. Le basi: il no alle aggressioni squadriste fuori dalle scuole, il no alle sottovalutazioni del ministro dell’Istruzione Valditara, che quell’azione non l’ha ancora condannata, mentre ha criticato le parole di una preside che ricordava come il fascismo sia nato nell’indifferenza.
Alle provocazioni lanciate da Renzi, la fine del “riformismo” nel pd, Schlein sceglie scientemente di non rispondere. Sorride a chi lancia domande, ascolta tutti con attenzione. I “vecchi” che l’hanno sostenuta – Bettini, Franceschini, Zingaretti – dispensano consigli che la nuova segretaria mostra di apprezzare. Senza però rivelare minimamente cosa voglia farne. Nella vecchia guardia è buio assoluto su come sarà composta la segreteria, su chi saranno i nuovi capigruppo, su come sarà gestita la comunicazione. Ci sono dei vincitori e degli sconfitti, certo, ma c’è prima di tutto un partito da tenere insieme, così una delle poche cose che Schlein si lascia sfuggire è che Stefano Bonaccini lo ha già sentito e lo sentirà ancora. Non ha intenzione di relegare chi ha preso quasi la metà dei voti delle primarie al ruolo di segretario dell’Emilia-Romagna. Cosa ha in mente, però, è probabile lo sappia solo lei.
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