Il bivio di Conte: il presidente 5S deve scegliere se collaborare col Pd di Schlein
Niccolò Carratelli
ROMA. Ora Giuseppe Conte deve scegliere. Avviare la collaborazione con il nuovo Pd guidato da Elly Schlein, come verrebbe naturale, oppure tentare di alimentare la contrapposizione, per continuare a mostrarsi alternativo agli occhi degli elettori di sinistra. Il presidente M5s, domenica sera, si è subito congratulato con la neo segretaria, con cui ha un buon rapporto personale: tra i due c’è stato uno scambio di messaggi su WhatsApp, concluso con la promessa di incontrarsi quanto prima di persona.
L’ex premier e i suoi fedelissimi pubblicamente continuano a definire l’elezione di Schlein «una buona notizia», a sottolineare come il popolo dem abbia scelto «una linea molto simile alla nostra su tanti temi, dal salario minimo alla transizione ecologica». Come dire: Elly ha vinto perché condivide le nostre battaglie. E c’è soddisfazione anche per la «fine dell’ambiguità del rapporto con Calenda e Renzi».
Nelle chiacchierate informali, però, emerge la preoccupazione di risultare «troppo simili» e di vedersi sottrarre voti, vanificando la rimonta degli ultimi mesi e il sogno del sorpasso a sinistra alle elezioni europee del 2024. Del resto, fanno notare alcuni deputati M5s, «alle europee si vota con il proporzionale, quindi l’urgenza di allearsi non c’è». Discorso che potrebbe valere a maggior ragione per il nuovo gruppo dirigente del Pd. Mentre le regionali in Friuli-Venezia Giulia e Molise, come pure le amministrative di metà maggio, «seguono un binario diverso, basata su logiche e rapporti locali». Insomma, nella sede di via di Campo Marzio non si vogliono precorrere i tempi o fare previsioni: «Aspettiamo di vedere come si pone lei, cosa vuole fare», è la risposta ricorrente.
E c’è chi indica a Schlein un’occasione per mandare un primo segnale, visto che oggi alla Camera il Movimento chiederà formalmente di incardinare in commissione la propria proposta di legge sul salario minimo, a prima firma Giuseppe Conte. «Lei ha detto di voler fare fronte comune su questo tema, lo dimostri sostenendo la nostra iniziativa», dicono le stesse fonti M5s. Sottolineando, al contempo, come tra i sostenitori di Schlein ci sia anche l’ex ministro del Lavoro, Andrea orlando, che sul salario minimo ha una posizione un po’diversa rispetto a quella dei 5 stelle, che prevede una paga minima da 9 euro l’ora.
Nessuno la butta giù in questi termini, ma se il dialogo con la nuova segretaria dem non dovesse decollare, non ci sarebbe da stracciarsi le vesti. Tutti quelli che invitano alla prudenza, rispetto al riavvicinamento al Nazareno, mettono in evidenza la stessa questione, ben sapendo che è destinata a restare divisiva nel rapporto con il Pd: «Cosa farà Schlein sull’invio di armi in Ucraina? » Domanda retorica, perché è improbabile che la leader appena insediata provi a modificare la linea tenuta finora dal partito su un terreno così delicato come il sostegno a Kiev. Nonostante i dubbi personali, il rischio di una spaccatura interna sarebbe troppo alto. C’è chi ricorda il voto contrario della deputata Schlein su tutte le risoluzioni presentate da M5S, Sinistra italiana e Verdi sullo stop all’invio delle armi, «tranne una volta che non ha partecipato al voto». Dunque, anche qui c’è un’aspettativa che sa di sfida: «Vediamo cosa farà». Stesso discorso sulla transizione ecologica, che può essere declinata in molti modi. Ad esempio, provoca un deputato 5 stelle, «Schlein avrà il coraggio di dire la sua sul progetto dell’inceneritore a Roma?». Il termovalorizzatore della discordia, all’origine della caduta del governo Draghi e della rottura tra Pd e M5s, è un altro ostacolo sulla strada del riavvicinamento politico.
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